laRegione

Cinema che freme e ferisce

- Dall’inviato Ugo Brusaporco

In una fredda giornata illuminata da un pallido sole, la Berlinale spara film che fanno male, che colpiscono al cuore, che costringon­o a pensare. Se era previsto che questo succedesse per ‘Grâce à Dieu’ di François Ozon, nella selezione ufficiale però fuori concorso, la vera sorpresa è stato ‘Systemspre­nger’ (System Crasher) di Nora Fingscheid­t, in Concorso come l’autunnale ‘Öndög’ di Wang Quan’an. François Ozon, talentuoso regista francese sempre attento a un’umanità “sotto la sabbia” (titolo di uno dei suoi film più fortunati), con questo ‘Grâce à Dieu’, titolo ironico per una storia di pedofilia, scoutismo e clero cattolico, è capace, pur con un piglio un po’ troppo didattico e prevedibil­e, di regalare allo spettatore una buona pagina di cinema civile. Partendo dal caso reale di padre Bernard Preynat che nel 2016 è stato accusato di aver aggredito sessualmen­te, tra il 1986 e il 1996, circa 70 ragazzi a Lione, il regista posa il suo sguardo sulle vittime, intanto diventate adulte. E ci fa conoscere Alexandre (un intenso Melvil Poupaud) che vive con sua moglie e i suoi cinque figli proprio a Lione. Casualment­e l’uomo incontra il prete che aveva abusato di lui quando era un boy scout, e lo vede insieme a nuovi ragazzini. Trova così il coraggio di denunciarl­o e insieme di rivelare il suo essere vittima anche alla famiglia. Avrà vicino a sé altri uomini che trovano la forza di dire, lottando con le ombre del passato, ma anche con un mondo cattolico che protegge il pedofilo, un mondo non solo chiuso nelle canoniche, che non ha rinunciato ad andare in chiesa, un mondo che include anche i genitori di Alexandre, da sempre più impauriti dallo scandalo che dal dolore del figlio. Ozon guida il difficile gioco con mano sicura: il suo non è un ‘j’accuse’ ma una meditazion­e sul dolore di vivere. In Concorso incontriam­o altre figure dolorose in ‘Systemspre­nger’, film che si occupa di una realtà difficile nel confuso nostro tempo, affrontand­o i bambini definiti “System Crasher”, bambini che infrangono ogni regola; bambini che si rifiutano di accettare qualsiasi tipo di struttura. Scopriamo così Bernadette, o Benni come la chiamano visto i suoi atteggiame­nti da maschiacci­o: ha nove anni, in classe picchia le compagne, se non la ascoltano rompe i vetri, non accetta regole, subisce continui controlli fisici e restrizion­i. La bambina vuole solo stare con sua mamma, una donna totalmente incapace di affrontare il comportame­nto incalcolab­ile della figlia. Nora Fingscheid­t racconta con deciso piglio, nulla tralascia nel dire la disperazio­ne della sua giovane protagonis­ta su cui fa aleggiare l’ombra di una ‘pietas’ mai impossibil­e. Il secondo film in concorso, ‘Öndög’ di Wang Quan’an, ha come grande protagonis­ta la immensità della steppa della Mongolia insieme a un uomo e a una donna che ragionano sull’estinzione dei dinosauri e sul destino di un’umanità sulla strada di una simile estinzione, se non fosse per una lei che nel suo ventre può rinnovare il futuro.

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