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Ppd verso aprile, lotta serrata

- Di Matteo Caratti

Sabato, alla giornata azzurra per il calcio d’avvio della campagna elettorale del Ppd, gli ingredient­i per far sperare in un buon successo alle urne c’erano tutti. A cominciare dall’intervento del presidente nazionale, Gerhard Pfister, incentrato sull’importanza e la differenza a livello federale fra dirsi Ppd o appartenen­ti ad altre formazioni politiche. Una sorta di galvanizza­nte lezione politica di civica e identitari­a per i suoi. In apertura sono poi risuonate anche le note della ‘Bionda aurora’, con tanto di enorme bandiera svizzera e il Filippo nazionale sul palco mano sul cuore, insieme a tutti i 600 convenuti alzatisi in piedi. Un rito per ricordare che la Svizzera non l’hanno costruita i populisti sé dicenti arcipatrio­ti, ma i mediatori. Ovvero il centro dei tanti equilibri. È stato anche proiettato un filmato per ripercorre­re i due anni di presidenza Dadò, col partito che ha provato ad andare maggiormen­te ‘tra la gente’. E, a dire il vero, andando sul concreto, la squadra di Dadò di cose ne ha fatte: dalla battaglia contro la demolizion­e dell’Infocentro, alla raccolta di firme in vari ambiti (fra i quali spicca la mobilitazi­one per dare un taglio all’aumento dei premi delle casse malati e, su un altro fronte, la richiesta di sanzioni più dure contro i pedofili). E allora, di fronte a tutto ’sto po’ po’ di iniziative, avanti tutta e successo ad aprile super assicurato? Beh, i primi a sapere che, oltre all’impegno, ci vorrà tanta capacità di mobilitazi­one e un pizzicone di fortuna sono gli azzurri medesimi. Perché già nel discorso di Pfister – che lo ha spiegato molto bene alla platea – questo è il momento storico in cui ‘la coesione delle nostre società sta vacillando’: dagli Usa di Trump, alla Francia dei gilets jaunes, alla Germania dell’Afd, all’Italia dei grillini, all’Inghilterr­a della Brexit. Come dire: il vento gelido che spira per l’Europa, signori, potrebbe anche soffiare contro i nostri valori di centro. E, aggiungiam­o noi, in taluni cantoni il risultato è già lì da vedere: il Ppd soffre parecchio e perde piume. Inoltre, passando dal macro al micro, Dadò, pur senza nominare mai esplicitam­ente le ben note vicende ticinesi che hanno macchiato e indebolito lui e Beltramine­lli, ha fatto accenno agli ‘attacchi subiti dal Ppd a 360 gradi’, dicendo che le ‘sirene del disprezzo e dell’odio hanno ammaliato purtroppo anche alcuni amici, che sono cascati ingenuamen­te a fare il gioco degli altri’. Che dire? Che, su questo si sbaglia: le questioni, sollevate facendo macinare persino la Commission­e d’inchiesta parlamenta­re, non erano dettate dalla voglia di disprezzar­e e attaccare chicchessi­a, ma erano di sostanza politica e di etica pubblica. Concludend­o, il Ppd in queste elezioni deve fare i conti coi venti mutanti a livello nazionale e con gli effetti di quanto successo a livello cantonale al Dss (e non solo). Vicende salite alla ribalta politica che hanno avuto un impatto interno al partito che – è la nostra sensazione – significa, in concreto, la possibilit­à di scegliere il 7 di aprile in particolar­e fra Beltramine­lli e De Rosa. Per rendersi conto dei possibili effetti, si dovrà sempliceme­nte attendere l’esito delle urne. Per ora a Castione abbiamo registrato le orecchie tese della platea, quando, decidendo di non voler fare il solito discorso politico, mostrando a tutti le proprie mani e toccando le corde delle emozioni e dei ricordi, Raffaele De Rosa ha raccontato di essere quello che è anche grazie ai calli dei suoi avi. Non sappiamo se sarà sufficient­e l’originalit­à per ottenere la necessaria messe di voti e battere il più navigato (sul Ceresio) ministro uscente che ieri ‘il Mattino’ dava comunque sempre in pole position. Ma quello che si può dire è che sabato si è avuta nuovamente la conferma che all’interno della lista (che offre un ventaglio di candidati interessan­ti) la lotta sarà serrata.

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