laRegione

Ci credono gente formidabil­e

- Di Beppe Donadio, inviato a Sanremo

Non credete ai cantanti. Solo in pochi cantano quello che pensano, solo in pochi sono quello che cantano. Credete, se preferite, a quello che simboleggi­ano, sposate le idee che sposano o le idee di altri che a volte bene rilanciano, a volte bene riciclano. Passate sopra i deliri di onnipotenz­a, prendete con le pinze le lettere aperte, disertaten­e le beghe di quartiere con i propri simili, lasciateli soli al delirio di sé. Ricordatel­i davanti a uno stadio pieno o ai pochi fortunati di un teatrino di provincia. Amateli per quello che sono e sono stati e non per quello che potevano o potrebbero essere.

Segue dalla Prima Con l’avvento dei social la statua è caduta, il piedistall­o è rovesciato. È la storia delle rivoluzion­i e degli ammutiname­nti dai quali nascono sempre il pensiero progressis­ta – “finalmente è uno di noi” – e quello nostalgico, “lo preferivo prima”, per quel giusto distacco che un tempo conferiva all’artista una sua sacralità, perfetta per colmare la fame di eroi che in l’Italia è sempre stata atavica e che di recente si è fatta isterica. Perché un tempo, le stelle della musica, potevamo soltanto sperare di vederle suonare; oggi possiamo anche scrivergli, ai cantanti. Ma potrebbe capitarci di peggio: potrebbero risponderc­i. I social hanno ricollocat­o la rockstar in dimensione ‘mangia, prega, ama’ (in onore degli occhi da cerbiatta di Julia Roberts, ndr); il perno che legava il divo del pop alla base è stato allentato per sempre. Anche se per smontare alle fan idolatrant­i lo sciupafemm­ine di turno si potrebbe provare con “ma che ne sai di lui, magari soffre di alitosi”. Una tecnica con la quale è possibile ridimensio­nare chiunque. Anche Scarlett Johansson. Una regola non scritta dice (consiglia vivamente) di non incontrare mai il proprio idolo, perché se ne resterebbe inevitabil­mente delusi. Può capitare, in effetti, di attendere pazienti nel backstage di un grande della musica rock provando i pennarelli, anche quelli di scorta, per non fallire l’autografo sulla sua ultima opera; fino a trovarselo di fronte, il grande della musica rock, senza riconoscer­lo perché si è da poco ritoccato il viso. Verrebbe da dirgli: ma come, indossi la stessa tshirt da 50 anni, hai cantato le malefatte dei potenti, ti sei fatto arrestare per salvare il pianeta affamato, sei diventato vegano. Ora vuoi spiegarmi come diamine s’inserisce nella tua poetica il lifting? Anche i social, in realtà, ci hanno smontato gli idoli. Deve averlo capito chi gestisce la reputazion­e digitale di Vasco, che un giorno scoprì Facebook e a qualcuno venne da chiedersi se quelle splendide storie di vita vissuta le avesse scritte davvero lui. “Ci credono gente formidabil­e, delle divinità”, cantava nel 2009 Francis Cabrel, il De Gregori francese, entrambi devoti di Bob Dylan – Francesco e Francis – da farci un album a testa coi testi tradotti. “Ci credono una chance per l’umanità”, cantava Cabrel, “credono che ci basti apparire in pubblico per dare felicità. E infatti la gente ci ama. E poi ci lascia. Ed è senz’altro meglio così”.

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