‘Il Ppd ha ancora molto da dire’
Dadò al Congresso: non intendiamo lasciare il posto che ci spetta, abbiamo una squadra battagliera Il presidente: ‘Il partito si presenta oggi unito’. Ma sul caso Argo 1 per ora si glissa.
Bisogna guardare avanti, all’impegnativa sfida elettorale del 7 aprile. E occorre farlo con convinzione perché il Partito popolare democratico, assicura il presidente Fiorenzo Dadò, «ha ancora molto da dire e non ha alcuna intenzione di lasciare il posto che gli spetta». Ovvero il seggio in Consiglio di Stato. Bisogna guardare avanti e così negli interventi ufficiali al Congresso cantonale del partito – svoltosi sabato nella sala Eventica di Castione, oltre seicento i presenti – non c’è nessun accenno, perlomeno esplicito, al recente rapporto della Commissione parlamentare di inchiesta sull’affaire Argo 1, ai pesanti errori amministrativi evidenziati nella gestione del controverso mandato, tantomeno ai rimproveri mossi dalla Cpi (anche) al direttore del Dipartimento sanità e socialità Paolo Beltraminelli. Niente repliche, niente puntualizzazioni sui contenuti del documento, neppure da parte del ministro ‘azzurro’, in corsa per una terza legislatura in governo. A richiamare brevemente il caso, senza però citare né il nome della ditta, né il rapporto della Commissione su cui si dibatterà la prossima settimana in Gran Consiglio (e in quell’occasione il Ppd non farà da spettatore), è Dadò. Quando parla di «pretestuosi e violenti attacchi a trecentosessanta gradi» subiti dal partito e afferma che «la cosa peggiore che possiamo fare, un vero e proprio tumore che può divorare il corpo, è lasciare che chi insinua dubbi e fomenta la diffamazione nei confronti delle persone oneste, riesca a penetrare anche all’interno della nostra grande famiglia popolare democratica a mettere zizzania, a dividerci e a rovinare quello spirito di collaborazione e di amicizia indispensabile per affrontare con serenità il futuro». Il futuro sono anzitutto le elezioni cantonali 2019. Dadò non ha dubbi: «Il nostro partito è stato in grado di affrontare le difficoltà, interne ed esterne, lavorando con passione». E oggi, sottolinea cercando di galvanizzare la platea, «si presenta alla partenza unito, con una squadra motivata e battagliera». Sulla stessa lunghezza d’onda il presidente nazionale Gerhard Pfister, ospite del Congresso dei popolari democratici ticinesi. Il Ppd «è stato bersaglio di numerosi attacchi, ma uniti e motivati sono convinto che conseguiremo buoni risultati», sostiene Pfister pensando anche alle ‘federali’ d’autunno. Un partito, quello cantonale, che, riprende Dadò, si distanzia dal «moralismo martellante e a senso unico di una certa sinistra radicale» e dall’«esasperazione dei problemi da parte delle frange populiste per aizzare le masse». Un partito che, «per i valori che ritiene di incarnare», prosegue Dadò, «non può accettare che una nazione europea
lasci morire in mare con disprezzo donne e bambini». Che sui migranti non può accettare «la politica muscolosa di Salvini (il ministro italiano dell’Interno, ndr.)», anche se in questo momento «viene emulata e fa breccia pure in Ticino». Il riferimento è alla Lega dei Ticinesi e alla ‘politica muscolosa’ del capo del Dipartimento istituzioni Norman
Gobbi? Ma il Ppd «deve affrontare con risposte decise anche i problemi dell’ambiente e del clima». Nella relazione presidenziale c’è spazio anche per la storiaccia dell’ex funzionario del Dss condannato per coazione sessuale. Soprattutto per il silenzio che ha avvolto nel 2005 la segnalazione di una delle vittime. «Di questo – rileva Dadò – sono
responsabili moralmente tutti coloro che sapevano e che hanno taciuto, in primis chi aveva l’obbligo di denunciare. Non permetteremo che ciò venga nuovamente coperto dalla sabbia dell’omertà e ci aspettiamo che tutte le altre forze politiche facciano altrettanto, senza scuse e tentennamenti». Il riferimento è in particolare al Ps?