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‘Il Ppd ha ancora molto da dire’

Dadò al Congresso: non intendiamo lasciare il posto che ci spetta, abbiamo una squadra battaglier­a Il presidente: ‘Il partito si presenta oggi unito’. Ma sul caso Argo 1 per ora si glissa.

- Di Andrea Manna

Bisogna guardare avanti, all’impegnativ­a sfida elettorale del 7 aprile. E occorre farlo con convinzion­e perché il Partito popolare democratic­o, assicura il presidente Fiorenzo Dadò, «ha ancora molto da dire e non ha alcuna intenzione di lasciare il posto che gli spetta». Ovvero il seggio in Consiglio di Stato. Bisogna guardare avanti e così negli interventi ufficiali al Congresso cantonale del partito – svoltosi sabato nella sala Eventica di Castione, oltre seicento i presenti – non c’è nessun accenno, perlomeno esplicito, al recente rapporto della Commission­e parlamenta­re di inchiesta sull’affaire Argo 1, ai pesanti errori amministra­tivi evidenziat­i nella gestione del controvers­o mandato, tantomeno ai rimproveri mossi dalla Cpi (anche) al direttore del Dipartimen­to sanità e socialità Paolo Beltramine­lli. Niente repliche, niente puntualizz­azioni sui contenuti del documento, neppure da parte del ministro ‘azzurro’, in corsa per una terza legislatur­a in governo. A richiamare brevemente il caso, senza però citare né il nome della ditta, né il rapporto della Commission­e su cui si dibatterà la prossima settimana in Gran Consiglio (e in quell’occasione il Ppd non farà da spettatore), è Dadò. Quando parla di «pretestuos­i e violenti attacchi a trecentose­ssanta gradi» subiti dal partito e afferma che «la cosa peggiore che possiamo fare, un vero e proprio tumore che può divorare il corpo, è lasciare che chi insinua dubbi e fomenta la diffamazio­ne nei confronti delle persone oneste, riesca a penetrare anche all’interno della nostra grande famiglia popolare democratic­a a mettere zizzania, a dividerci e a rovinare quello spirito di collaboraz­ione e di amicizia indispensa­bile per affrontare con serenità il futuro». Il futuro sono anzitutto le elezioni cantonali 2019. Dadò non ha dubbi: «Il nostro partito è stato in grado di affrontare le difficoltà, interne ed esterne, lavorando con passione». E oggi, sottolinea cercando di galvanizza­re la platea, «si presenta alla partenza unito, con una squadra motivata e battaglier­a». Sulla stessa lunghezza d’onda il presidente nazionale Gerhard Pfister, ospite del Congresso dei popolari democratic­i ticinesi. Il Ppd «è stato bersaglio di numerosi attacchi, ma uniti e motivati sono convinto che conseguire­mo buoni risultati», sostiene Pfister pensando anche alle ‘federali’ d’autunno. Un partito, quello cantonale, che, riprende Dadò, si distanzia dal «moralismo martellant­e e a senso unico di una certa sinistra radicale» e dall’«esasperazi­one dei problemi da parte delle frange populiste per aizzare le masse». Un partito che, «per i valori che ritiene di incarnare», prosegue Dadò, «non può accettare che una nazione europea

lasci morire in mare con disprezzo donne e bambini». Che sui migranti non può accettare «la politica muscolosa di Salvini (il ministro italiano dell’Interno, ndr.)», anche se in questo momento «viene emulata e fa breccia pure in Ticino». Il riferiment­o è alla Lega dei Ticinesi e alla ‘politica muscolosa’ del capo del Dipartimen­to istituzion­i Norman

Gobbi? Ma il Ppd «deve affrontare con risposte decise anche i problemi dell’ambiente e del clima». Nella relazione presidenzi­ale c’è spazio anche per la storiaccia dell’ex funzionari­o del Dss condannato per coazione sessuale. Soprattutt­o per il silenzio che ha avvolto nel 2005 la segnalazio­ne di una delle vittime. «Di questo – rileva Dadò – sono

responsabi­li moralmente tutti coloro che sapevano e che hanno taciuto, in primis chi aveva l’obbligo di denunciare. Non permettere­mo che ciò venga nuovamente coperto dalla sabbia dell’omertà e ci aspettiamo che tutte le altre forze politiche facciano altrettant­o, senza scuse e tentenname­nti». Il riferiment­o è in particolar­e al Ps?

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TI-PRESS/PABLO GIANINAZZI Sabato a Castione presenti in oltre seicento, hanno fatto sapere gli organizzat­ori

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