Champions, la gallina dalle uova d’oro
Tutti contro Modric e il suo Real Madrid. Ricomincia la Champions League e si riparte, agli ottavi di finale, con la caccia al trono che da tre anni è occupato dai madrileni guidati dal loro uomo simbolo (appena eletto Pallone d’oro).
Ma la cosiddetta “coppa dalle grandi orecchie” non è soltanto il massimo riconoscimento del calcio europeo (e quindi mondiale) per club ma anche un gigantesco business per tutti coloro che si avvicinano alla vittoria finale. E il bottino, anno dopo anno, diventa sempre più corposo.
3,25 miliardi di euro di ricavi
Per la stagione 2018/2019, l’Uefa prevede ricavi dalle competizioni per club (Champions League, Europa League e Supercoppa) pari a 3,25 miliardi di euro: di questi, esclusi i costi organizzativi, i premi di solidarietà e altri contributi, l’Uefa distribuisce 2,04 miliardi ai club che partecipano alla competizione regina. Giusto per avere un’idea, nella scorsa stagione la Champions League (più la Supercoppa europea) valeva 1,71 miliardi in ricavi da diritti tv, a cui si aggiungevano 389,7 milioni in proventi commerciali, circa 15,8 milioni dai biglietti e 12,9 milioni di entrate da hospitality. La Champions League lo scorso anno valeva quindi 2,1 miliardi in ricavi su 2,8 complessivi dell’Uefa, circa il 75%.
Acceleratore dei conti
La notte del 10 giugno però, qualcuno alzerà al cielo di Madrid l’agognato trofeo generando anche un incasso senza precedenti. Il montepremi per chi vince la Champions non è fisso, ma dipende da molte variabili. In base ai calcoli effettuati da Calcio e finanza, per le 32 squadre che partecipano alla fase a gironi sono previsti premi per complessivi 1,95 miliardi di euro, suddivisi in base a parametri variabili: il 25% (488 milioni) per il bonus partecipazione, pari a 15,25 milioni di euro per ciascun club; il 30% (585 milioni) per i bonus legati ai risultati; il 30% (585 milioni) da distribuire in base ad un ranking storico/decennale legato alle prestazioni; il 15% (292) legato al market pool, ovvero i diritti tv di ciascun Paese.
Vera variabile: i risultati
Ma la vera variabile riguarda i risultati: ogni vittoria nei gironi vale 2,7 milioni; ogni pareggio frutta 900mila euro; la qualificazione agli ottavi vale 9,5 milioni e quella ai quarti 10,5 milioni. Arrivare in semifinale aggiunge ulteriori 12 milioni. La finalista ne incassa altri 15 e la vincitrice riceve ulteriori 4 milioni.
La Champions resta una miniera d’oro da cui estrarre sempre più metallo prezioso. La Coppa dei campioni non solo sul campo, ma anche per fatturato.
Quindi, volendo effettuare una simulazione, ipotizzando un percorso netto ai gironi (sei vittorie su sei gare), vincere la Champions League vale 82,45 milioni di soli bonus legati ai risultati (67,2 milioni complessivi) e alla partecipazione (15,25 milioni).
Diritti Tv e indotto
Poi ci sono i diritti Tv. Il tutto senza considerare l’indotto, a cominciare dal merchandising a livello globale: non a caso lo scorso anno il Real Madrid (detentore della coppa da tre anni) ha ricavato 356 milioni di euro solo da diritti commerciali di prodotti a brand.
Nuovo criterio di spartizione del bottino
La Champions, però, è una gallina dalle uova d’oro e quindi l’obiettivo, ogni anno, è riuscire a ricavare sempre di più. Ecco perché da quest’anno è “scesa in campo” una riforma della competizione che introduce un nuovo criterio di spartizione del bottino. Nel triennio 2018/21 l’elemento innovativo si chiama ranking decennale storico: prese le 32 squadre partecipanti, se ne valuta il rendimento europeo nell’ultimo decennio. L’ultima nella classifica riceve 1,108 milioni, per ogni posizione scalata viene aggiunta una quota, la prima incassa 35,46 milioni. Secondo il Report Calcio 2018 Figc, qualificandosi alla Champions (rispetto alla mancata qualificazione a qualsiasi competizione europea) la differenza nei ricavi è positiva per 54,4 milioni, con un miglioramento dell’ebitda di 25,7 milioni e risultato netto di 15,1 milioni. Se la vittoria del trofeo è un formidabile acceleratore di business, la sola qualificazione al torneo può cambiare la faccia al fatturato di qualsiasi società calcistica italiana. Non qualificarsi alla Champions senza nemmeno centrare l’Europa League, per esempio, porta a una contrazione dei ricavi per 39,2 milioni di euro e al peggioramento del risultato netto per 75 milioni.
Paragonata al Super Bowl
Per avere un’idea dell’impatto economico della Champions League, serve un paragone con l’altro più grande evento
sportivo per club: il Super Bowl americano (appena concluso). A livello di audience tv, ogni giornata di Champions 2017/18 ha avuto 129 milioni di average global audience, secondo i dati Uefa. La finale di Kiev ha avuto 160 milioni di audience complessiva, in linea con i dati 2015 (165) e 2015 (180 milioni), gli ultimi resi noti dall’Uefa. Il Super Bowl da questo punto di vista ha dati simili: per la sfida del 2019 di domenica 3 febbraio l’audience negli Usa è stata pari a 100,7 milioni, con una stima tra 30 e 50 milioni di spettatori nel resto del mondo. Dal punto di vista del valore commerciale, la Nfl nel 2017 aveva ricavi per 14,2 miliardi di dollari, di cui oltre 5 miliardi dai diritti tv. L’indotto per Cardiff per la finale della Champions edizione 2017 era stimato in 53 milioni di euro. Per la finale del Super Bowl la sede di Minneapolis (2017) e le zone limitrofe stimavano un impatto di 343 milioni, comprensivi di 29 milioni in tasse. Ecco perché la Champions resta una miniera d’oro da cui estrarre sempre più metallo prezioso. La Coppa dei campioni non solo sul campo, ma anche per fatturato.