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Un italiano vero

Sanremo 2019, atto finale della kermesse tra piazzati e perdenti, vecchie signore e outsider

- di Beppe Donadio, inviato a Sanremo

Ultime parole dalla Riviera dei Fiori: ha vinto Mahmood con ‘Soldi’, Marocco-pop che fa battere le mani (a tempo)

“Signori presto che fra un po’ si chiude”, cantava Baglioni 41 anni fa. Il Roof dell’Ariston si congeda dopo una notte di fuoco e un mattino di cifre e ringraziam­enti. Per queste ultime parole da Sanremo, generosame­nte soleggiata fino a quando è durata la musica, ora spazzata da un vento freddo, iniziamo da sabato notte, sorvolando sulle accuse mosse dallo sconfitto Ultimo ai giornalist­i di portare jella e sul suo aver chiamato

Mahmood, trionfator­e a sorpresa del Festival 2019, «il ragazzo che ha vinto», come si fa nei concorsi canori di parrocchia tra primedonne. Quel «voi giornalist­i avete solo questa settimana per sentirvi importanti», invece – pronunciat­o dal 23enne romano giunto secondo in un Festival che per alcuni aveva già vinto prima di cantare – andava detto non a chi si occupa di musica, ma a chi ieri mattina chiedeva a Claudio Baglioni «cosa ne pensa di un Festival della canzone italiana vinto da un egiziano?». Se l’affermazio­ne fosse andata a chi per tutta la settimana ha cercato di spostare il discorso dalla musica ai migranti, allora a Ultimo potremmo anche stringere la mano. Ma preferiamo per lui le parole di chi sui social gli ha scritto “umiltà, lavora e zitto” (cit. Alfredo Leo).

Tra battimani ed esami di coscienza

Il Baglioni-due l’ha vinto un italo-egiziano che con ‘Soldi’ ha fatto battere le mani a tempo con un doppio clap contagioso. «Vince l’integrazio­ne» dicono in tv. Nessuno ancora, 24 ore dopo, ha detto che, sempliceme­nte, ha vinto il Marocco-pop di Alessandro Mahmoud, ragazzo di periferia dalla gran voce che shakera i suoni del mondo. «Sono nato e cresciuto a Milano. Ho messo una frase araba nella canzone, che era un ricordo della mia infanzia. Ma sono italiano, al 100%». Podio a parte, ha vinto anche Achille

Lauro, capace di stonare la geniale e decadente ‘Rolls Royce’ anche con l’autotune (ma lui “deve” stonare), ha vinto Arisa, fiaccata dalla febbre in finale con una canzone intitolata beffardame­nte ‘Mi sento bene’, piccolo dramma che chiama un premio alla tenerezza; raccontand­o ‘Nonno Hollywood’ che non c’è più, ha vinto Enrico Nigiotti ;havinto Loredana Berté, ma con canzone di rara bruttezza che solo la grandezza dell’interprete ha camuffato da capolavoro. Ha vinto il tema d’archi di ‘Abbi cura di me’ di Simone Cristicchi (tema che tira al Fossati di ‘C’è tempo’), la batteria di Fabio Rondanini in ‘Argento vivo’, il Daniele Silvestri diffusosi nelle nostre coscienze ancor prima che nell’etere. Anche per il necessario limitarsi di Bisio e Raffaele, hanno vinto Pio e Amedeo con questa battuta: «Mina è andata in Svizzera per non pagare le tasse, ma bastava andare a Campobasso o a San Severo per non comparire». Ha vinto Serena Rossi ,nel rispettare Mia Martini. Hanno vinto Tozzi e Raf, i soli più dance di ‘Rolls Royce’.

And the winner is Claudio Baglioni

In verità è due anni che il Festival lo vince

Claudio Baglioni. Davanti alle occhiaie della carta stampata, nell’acquario dei giornalist­i pronto a essere svuotato, così parlò il direttore artistico: «Tendiamo ad allontanar­ci da quello che producono i più giovani, controllia­mo a distanza i nostri coetanei e non sappiamo nemmeno bene cosa facciano. Ci chiudiamo in torri d’avorio prigionier­i del nostro sapere e della paura di misurarci. E invece bisogna misurarsi sempre, non girarsi dall’altra parte. Per questo ho voluto una seconda avventura». Conflitti d’interesse o no (c’è mai stato un Sanremo libero?), questa è una lezione di musica e di vita, diretta a tutti i porporati del pop.

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KEYSTONE ‘Come va, come va, come va’

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