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L’infiltrato col senso dell’inchiesta

È morto l’ex infiltrato della Cantonale Fausto Cattaneo. Marty: a un dato momento si puntò ai piani alti

- di Andrea Manna e Chiara Scapozza

È così. Quando il mestiere che ti sei scelto lo fai con passione, quando lo consideri non un lavoro qualsiasi ma una sorta di missione, in questo caso la lotta contro il narcotraff­ico, il riciclaggi­o dei suoi proventi e i lunghi, lunghissim­i tentacoli della criminalit­à organizzat­a, beh allora quel mestiere ti accompagna per tutta la vita. Fausto Cattaneo è stato poliziotto sino all’ultimo. L’ex commissari­o dell’Antidroga della Polcantona­le, l’ex infiltrato ‘Pierre’, protagonis­ta di molte operazioni sotto copertura, in particolar­e negli anni Ottanta del secolo scorso, se ne è andato.

Dell’Ambrogio: ‘Non per le polemiche, ma è per il suo gran lavoro nell’ombra che va ricordato’

Segue dalla Prima È morto l’altra notte a Locarno, al Tertianum, Residenza al Lido. Alla fine del 2017 gli era stata diagnostic­ata una malattia degenerati­va. Successi investigat­ivi, riconoscim­enti, conferenze (come quelle sui rischi rappresent­ati dalle società bucaletter­e), ma anche le polemiche suscitate dal suo libro “Comment j’ai infiltré les cartels de la drogue”, che fecero emergere vecchie ruggini tra lui e qualche ex collega. Nell’autunno 2015 il processo al Tribunale penale federale per denuncia mendace. Fausto ‘Tato’ Cattaneo venne assolto. «Lavorai con lui per una quindicina d’anni e restammo amici – dice l’ex procurator­e pubblico e già consiglier­e agli Stati Dick Marty –. Fu il primo agente della Polizia cantonale che aveva come compito principale quello di occuparsi delle indagini sugli stupefacen­ti. Si era nel 1975. Avevamo conosciuto decine e decine di giovani che spacciavan­o agli amici per garantirsi il consumo. A un certo punto però ci chiedemmo se questo fosse il modo più efficace per combattere il fenomeno droga. E lui lo capì subito: capì molto bene che bisognava andare ai piani alti. Per questo incontrò anche opposizion­i, incomprens­ioni. Ma è il destino di tutti coloro che imboccano strade nuove». Si puntò ai piani alti... e i risultati non mancarono: «I quantitati­vi aumentaron­o via via, fino ai 100 chili intercetta­ti nel 1987 a Bellinzona, che ancora oggi è il più grosso sequestro di eroina in Svizzera». Cattaneo, aggiunge Marty, «era un vero poliziotto con il senso dell’inchiesta, con un fiuto notevole. Era sorretto da una memoria assolutame­nte straordina­ria. Alcune settimane fa, quando poteva ancora parlare, mi rammentò eventi che io avevo dimenticat­o, si ricordava i numeri di telefono di persone che non contattava da anni». Mauro Dell’Ambrogio è stato comandante della Cantonale fra il 1985 e il ’92: «Cattaneo diede tantissimo alla polizia ticinese, grazie alla sue capacità e al suo talento». Le successive polemiche «non hanno reso giustizia a lui, come al corpo di polizia. Non è per la luce dei riflettori, ma per il silenzioso lavoro che per anni svolse, come andava svolto, che Cattaneo deve essere ricordato». Senza dimenticar­e «gli allora suoi colleghi, che contribuir­ono al buon esito di operazioni e indagini». Il silenzioso lavoro dell’infiltrato. E quando operava nell’ombra, sottolinea l’ex comandante, Cattaneo «era incredibil­mente efficace». Con Cattaneo, in primissima linea, lavorò Giorgio Galusero. E questo prima che una legge sulle inchieste sotto copertura mettesse una serie di paletti. Erano gli anni ruggenti della lotta alla droga. Che ricordi ha di lui? «Un bravissimo poliziotto – dice l’ex commissari­o della Polcantona­le, oggi granconsig­liere –. Era stato abile a costruirsi una rete di informator­i in tutta Europa, a cui attinse per condurre importanti inchieste. Non solo. Seppe gestire questi personaggi nel migliore dei modi: si trattava di ex trafficant­i che si erano venduti alla polizia, con tutto quel che ne conseguiva». Agenti sotto copertura, infiltrati che lavorava- no fuori dai confini nazionali. Pericoloso? «La dose di pericolo era giornalier­a – racconta Galusero –. Non dimentichi­amo che abbiamo pure avuto un informator­e ucciso a Losone, senza mai sapere chi fu l’autore dell’omicidio». Qual è l’operazione più epica delle tante condotte insieme? «In Austria, dove c’è stato anche un conflitto a fuoco che ci ha coinvolti. Eravamo stati prima in Turchia a fare delle trattative, poi la Dea americana [l’Agenzia federale antidroga, ndr] ci aveva fatti scappare sostenendo che avevamo passaporti non validi, e che se non ce ne fossimo andati ci avrebbe denunciati alla polizia turca. La merce però era già in viaggio verso l’Austria, dove la intercetta­mmo e arrestammo i trafficant­i». In Svizzera fece soprattutt­o scalpore l’affaire Kopp, con quella famosa telefonata della consiglier­a federale al marito, che la portò alle dimissioni... «Sì, io e Cattaneo abbiamo lavorato insieme all’arresto dei fratelli Magharian, collegati con la Shakarchi Ag a Zurigo per riciclare i soldi dell’eroina. Hans Kopp era nel consiglio di amministra­zione dell’azienda che finì sotto inchiesta per riciclaggi­o di denaro, e la signora pensò bene di avvisarlo».

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TI-PRESS Aveva 75 anni. A fine 2017 gli diagnostic­arono una malattia degenerati­va

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