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Due visioni di un tentato furto

Loomis, accusa e difesa si confrontan­o in Appello sul ‘colpo’ sventato nel febbraio scorso

- Di Prisca Colombini

La sentenza sarà comunicata nelle prossime settimane. La pp ha chiesto la conferma delle condanne; i difensori riduzione e sospension­e.

Il tentato furto alla Loomis di Chiasso dello scorso 25-26 febbraio è stato «l’agire di una banda organizzat­a, molto organizzat­a, che da mesi si preparava minuziosam­ente a un furto di svariati milioni» arrivando anche, come emerso dalle intercetta­zioni, «a perderci il sonno» come sostenuto dalla procuratri­ce pubblica Chiara Borelli, oppure l’agire di «persone di bassa estrazione sociale, con impieghi avventizi, che per una volta hanno pensato di darsi un tono?», come affermato dall’avvocato Costantino Castelli in un’arringa molto critica sulla gestione dell’inchiesta dove la parola «giochetti» è riecheggia­ta più volte? I cinque imputati condannati lo scorso agosto dalla Corte delle Assise criminali di Mendrisio a pene detentive comprese tra i 2 anni e 6 mesi e i 3 anni e 6 mesi sono comparsi ieri davanti alla Corte di Appello e revisione penale di Locarno. Dopo avere ascoltato accusa e difese, la giudice Giovanna Roggero-Will ha comunicato che la sentenza verrà inviata alle parti nelle prossime settimane. Oltre alle condanne eccessive, le difese hanno contestato gli accertamen­ti della prima Corte relativi al guadagno e il tentativo di furto del mese di dicembre. La breve istruttori­a dibattimen­tale ha ripercorso proprio questi fatti. In quell’occasione è stato tagliato un cavo sulla strada principale, a un centinaio di metri dalla Loomis. «Non fosse scattato l’allarme, saremmo entrati», hanno ammesso gli imputati (fatta eccezione per il 50enne, mai presente ai sopralluog­hi: condannato a una pena parzialmen­te sospesa, il 25 febbraio tornerà libero). Un imputato ha aggiunto che l’attrezzatu­ra per commettere materialme­nte il furto – la carotatric­e – si trovava a Milano e che, se tutto fosse filato liscio, sarebbero tornati a prenderla.

‘Pene severe ma adeguate’

A mente della procuratri­ce pubblica Chiara Borelli, le condanne inflitte dalla prima Corte sono «severe ma adeguate». Se la Corte, così come richiesto dalle difese, dovesse decidere per pene parzialmen­te sospese, «la parte da espiare non dovrà essere inferiore ai 18 mesi». L’accusa ha inoltre chiesto la conferma dei 10 anni di espulsione dalla Svizzera. Nella sua requisitor­ia, Borelli ha ribadito che il colpo alla Loomis «li avrebbe sistemati per la vita». Nel caveau – la cifra per questioni di sicurezza non può essere divulgata – vi erano infatti «un tot di milioni di franchi». A mente dell’accusa «è giusto parlare di pena severa della prima Corte, ma non è giusto sostenere che sia sproporzio­nata pensando a un contesto di una refurtiva milionaria che alle nostre latitudini raramente si è vista». L’inchiesta, intanto, continua. Il furto alla Loomis ha coinvolto una «comitiva» di 18 persone (solo uno dei presunti organizzat­ori è tuttora latitante) che hanno avuto il punto fermo alla loro attività criminale «il 26 febbraio, grazie alla collaboraz­ione degli inquirenti italiani e agli ordini di arresto internazio­nale».

‘Tentato, semplice e imperfetto’

Condanne da ridurre e da sospendere e comprese tra i 10 e i 28 mesi. Sono queste le richieste formulate dagli avvocati Maurizio Pagliuca, Roberto Rulli, Chiara Buzzi, Deborah Gobbi e Costantino Castelli. Quest’ultimo, come detto in apertura, ha criticato la gestione dell’inchiesta. «A me i giochetti non piacciono e nemmeno chi li asseconda», sono state le parole con cui ha aperto la sua arringa. Il legale ha fissato nelle dichiarazi­oni del più anziano, il primo a parlare di un tentativo di furto nel mese di dicembre, il «cardine di quest’inchiesta, dove gravano ombre di strane interferen­ze, e lo scenario che si è voluto dare». Considerat­e le «dichiarazi­oni non credibili perché non lineari» fornite dall’imputato più anziano e fatte proprie dagli altri partecipan­ti al tentato furto, per stabilire i fatti «occorre applicare il principio in dubio pro reo». Quello avvenuto a Chiasso è stato «un tentato furto semplice imperfetto per l'impossibil­ità di portare a termine il loro intento: al deposito della Loomis non hanno fatto nemmeno un graffietto con il coltellino».

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TI-PRESS I cinque imputati sono stati arrestati il 26 febbraio dell’anno scorso

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