‘Intendeva ucciderla’
Tre anni e mezzo di carcere al 71enne che aveva cercato di togliere la vita alla moglie
La sera del 18 giugno la donna era stata raggiunta da due coltellate: una nel sonno e l’altra mentre cercava di difendersi
Il giudice Amos Pagnamenta non ha fatto sconti confermando la proposta di pena formulata dal procuratore pubblico Nicola Respini: tre anni e otto mesi di carcere. Questa la sentenza emessa ieri nei confronti del 71enne svizzero che la notte del 16 giugno scorso a Sementina ha tentato di uccidere la moglie aggredendola nel sonno con un coltello da cucina. La Corte delle Assise criminali di Bellinzona riunite a Lugano ha dunque ritenuto l’uomo colpevole di tentato omicidio intenzionale, accertando che, quella notte, l’uomo abbia inflitto due coltellate – una all’addome e una alla mano – con lo scopo di togliere la vita alla 55enne. «È entrato in quella stanza con l’intenzione di ucciderla», ha affermato Pagnamenta prima di pronunciare la sentenza. La Corte ha potuto accertare che l’uomo si è recato nella camera dove dormiva la moglie munito di un coltello, con la luce spenta per poterla sorprendere nel momento in cui era più vulnerabile. «Dimostrando il più totale egoismo e codardia – ha detto il giudice –. L’ha colpita una prima volta nel sonno – ha continuato Pagnamenta –. E una seconda quando la donna ha cercato di proteggersi: due coltellate potenzialmente letali». Erano stati i vicini ad avvisare la polizia quando la 55enne si era presentata alla loro porta impaurita e insanguinata. Il marito aveva inizialmente cercato di inseguire la moglie per poi barricarsi in casa dove si era autoinflitto delle ferite con la stessa arma da taglio. Ieri in aula l’imputato ha ammesso i fatti, dicendosi «molto dispiaciuto per quanto successo», sostenendo però che non voleva uccidere la moglie, ma solo spaventarla. In sede di inchiesta aveva invece dichiarato di volerla unicamente ferire e, addirittura, di avere messo in atto uno scherzo. Versioni definite «confuse e inconsistenti» dal giudice.
Un motivo che rimane un mistero
La Corte non ha però potuto fare luce sul vero motivo che abbia spinto il pensionato a tentare di uccidere la donna conosciuta tramite un’agenzia matrimoniale e con la quale era sposato da quasi trent’anni. In aula l’uomo ha parlato di frequenti litigi coniugali, del presentimento che la donna lo tradisse e del fatto di essere sovente rimproverato e preso in giro per essere anziano. «È difficile individuare un vero e proprio motivo del gesto – ha detto il pp Nicola Respini durante la requisitoria –. Forse la causa è proprio la rabbia che l’uomo portava dentro di sé, che si è poi manifestata». Ad ogni modo la «sua colpa è gravissima», ha affermato Pagnamenta ritenendo futile qualsiasi dei motivi esposti dall’uomo: «La futilità del movente rende l’agire dell’imputato ai limiti del reato di assassinio». Ciò che ha certamente influito sulla vicenda del 16 giugno 2018 è il disturbo di personalità (misto schizoi- de-paranoide) di cui soffre il pensionato. Nella commisurazione della pena, la Corte ha infatti considerato la scemata imputabilità medio-grave accertata dalla perizia giuridica alla quale l’uomo era stato sottoposto dopo l’arresto (aspetto sul quale ha fatto leva l’avvocato difensore Marco Masoni prima di chiedere non più di trenta mesi parzialmente sospesi). La sentenza emessa impone quindi un trattamento psichiatrico ambulatoriale – ma non di natura omeopatica come al tempo dei fatti – che l’uomo comincerà in carcere, con l’auspicio della Corte che la cura possa portare dei frutti già prima del termine dell’espiazione della pena (a cui vanno ridotti i sei mesi di carcere preventivo già scontati). Alla vittima, rappresentata dall’avvocata Rosangela Locatelli, andranno 5mila franchi di risarcimento per torto morale. Nel cuore della notte, la donna rivive spesso l’incubo di quanto accaduto lo scorso giugno. A causa della coltellata alla mano, la 55enne ha perso la sensibilità del pollice destro.