Piccoli numeri cresceranno
Qualcuno, senz’altro, qualche domanda se la sarà fatta. Quando, martedì 22 gennaio, in occasione della sfida col Davos alla Valascia, Luca Cereda ha tagliato il traguardo delle cento partite sulla panchina dell’Ambrì. Infatti è quantomeno curioso che il tecnico di Sementina sia solo il sesto allenatore ad aver superato la barriera psicologica di quota cento, dopo Constantine (128 partite), Lefley (132), Huras (231), Kren (278) e Pelletier (296). Curioso, certo, ma non eccezionale, siccome a Lugano la situazione è praticamente la stessa. In effetti, domani sera, nel derby numero 227 della serie, Greg Ireland dirigerà i bianconeri per la 135esima volta in totale (cifra che comprende pure le quattro sfide dei playout 2011 con il Rapperswil), e attingendo all’archivio ufficiale dell’Hcl si scopre che il cinquantatreenne dell’Ontario è già il quarto allenatore per numero di partite dirette in 77 anni di storia del club, dietro all’inarrivabile Slettvoll (580 partite), all’onnipresente Huras (294) e a Koleff (272). Fischer, invece, s’è fermato a 128. Due numeri – il sei e il quattro – che ben riassumono con quale frequenza in passato, per una ragione o per l’altra, si buttasse tutto all’aria tra progetti incompiuti o scelte emergenziali nel tentativo di tappare i buchi. Oggi, invece, è diverso. O perlomeno sembra esserlo. Da una parte perché ad Ambrì le sinergie hanno preso il sopravvento sull’inerzia, dando vita a un processo interessante e del tutto nuovo, che sta mettendo radici in profondità. In attesa di capire fin dove quel concetto potrà arrivare, sfruttando la novità, ma soprattutto le opportunità regalate dal nuovo stadio. Mentre dall’altra, a Lugano, in un inverno difficile (e parecchio) s’è provato a metter da parte il panico. Al contrario di ciò che è successo all’Hallenstadion, dove un mese fa ci lasciò le penne un Serge Aubin che era la causa di tutti i mali, salvo poi che dall’arrivo di Del Curto lo Zurigo di partite ne ha vinte tre ma ne ha perse sei. In più occasioni, negli scorsi mesi Vicky Mantegazza aveva pubblicamente ribadito l’intenzione di andare avanti con Ireland, ipotesi che però – l’ha poi confermato lei stessa – a questo punto è vincolata all’esito della stagione. Idealmente, il principio cardine rimane però la stabilità: una rotta che sia chiara e inequivocabile, visibile tanto all’interno come dal di fuori. In modo che pure chi è in arrivo sappia cosa attendersi. Affinché non finisca come raccontava Reto Suri in un’intervista di qualche tempo fa, il quale spiegava come al giorno d’oggi quando firmi in un posto sai chi è l’allenatore, ma non puoi essere certo che quando arriverai tu, lui sarà ancora al suo posto. Sarà pure il business, ma non è bello.