Non ignoriamo la pedagogia
Segue da pagina 15 (...) dimostrato inequivocabilmente l’interrelazione fra memoria ed emotività. La plasticità del cervello, la sua modificabilità nell’intero corso della vita umana, che prima era oggetto di discussione, è ormai generalmente ammessa e dimostrata. La rappresentazione delle attività mentali fondata sul modello delle reti neuronali ha portato alla definizione di configurazioni, come dislessia e discalculia, che interessano soggetti tutt’altro che privi di risorse mentali, ma che necessitano di percorsi adeguati per poterle valorizzare. I portatori di queste configurazioni svantaggiose erano in passato identificati senz’altro come soggetti inadatti allo studio, per non dire di peggio. Accanto alla pubblicistica specializzata in questo settore è fiorita una pubblicistica divulgativa, a volte di piacevolissima lettura, che consente anche ai non specialisti, come il sottoscritto, di accedere almeno in superficie ai risultati di tutto questo enorme lavoro. Inoltre esistono centri specializzati che producono materiali del più alto interesse nella prospettiva di aggiornare i metodi di insegnamento alla luce delle nuove conoscenze sulle strutture e sulle funzioni mentali. In lingua italiana, per fare un esempio, ci sono le edizioni Erickson di Trento. Ci si può chiedere quanto di tutto questo riesca a raggiungere in forma efficace la platea dei docenti del nostro Cantone, e in qual modo una prospettiva del genere si potrebbe implementare. Ignorare questo vasto campo di lavoro è in ogni caso un grave errore. Contrapporlo all’insegnamento appassionato delle “materie” aggiunge un errore in più, per le seguenti ragioni. Le cosiddette “materie” non sono delle entità cristallizzate e immutabili. Gli argomenti che le sostanziano sono oggetto di discussioni e di critiche che, grazie a un lungo periodo di pace e all’arrivo di internet, hanno raggiunto dimensioni inimmaginabili. Di fronte a questo incremento diventa imperativo per qualsiasi docente compiere delle scelte critiche. Concetti che fino a ieri venivano dati per scontati, come quello, per esempio, di “traduzione”, sono stati utilmente esplorati e ridefiniti. La didattica che intorno a questo concetto ha formato intere generazioni, la mia compresa, è tutta da ripensare. Un altro esempio: il concetto di “segno”, nella sua scomposizione in “significante” e “significato”, non tanto saussuriana quanto piuttosto diffusa e banalizzata dall’editoria scolastica e nell’insegnamento, è minato alle radici ed è ormai improponibile. Perfino la metafora del “trasmettere”, a cui viene fatto sistematicamente ricorso nel rappresentare il ruolo dell’insegnante, è totalmente deviante alla luce delle scienze dell’educazione. Ma la sua diffusione è enorme, e il suo sradicamento non si verificherà a breve termine. A mio modo di vedere il compito principale della scuola post moderna consiste nella valorizzazione delle risorse mentali. Le risorse mentali sono necessarie alla nostra società a partire dai livelli più banali. Questo processo di valorizzazione può essere parzialmente rappresentato dalla focalizzazione sulle “competenze”, ma solo parzialmente. Si tratta di un processo che esige una capacità di osservazione a largo spettro da parte del personale docente, una capacità di osservazione che le attuali procedure di formazione e di selezione del personale docente non sono in grado di garantire. Si tratta di un processo che esige una capacità di interazione a più livelli, non contrapposizioni. Si tratta di un processo che ha bisogno di diversificare le procedure formative, un terreno sul quale, a dire il vero, il Cantone ha promosso strutture del più alto interesse, che vengono sogguardate con degnazione, se non con disprezzo, da una parte della società Non voglio parlare di partiti. Se l’intera società non si dà il compito di raggiungere un tale obiettivo, e cioè la valorizzazione delle risorse mentali, la scuola resterà un cantiere aperto, dove si tenterà invano di replicare modelli superati e inadeguati alle esigenze del presente. L’immobilismo dei risultati statistici, che viene talvolta invocato come una dimostrazione di efficienza, è un altro dato su cui è urgente meditare criticamente.