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Non ignoriamo la pedagogia

- Di Vittore Nason, già vicedirett­ore del Liceo di Locarno

Segue da pagina 15 (...) dimostrato inequivoca­bilmente l’interrelaz­ione fra memoria ed emotività. La plasticità del cervello, la sua modificabi­lità nell’intero corso della vita umana, che prima era oggetto di discussion­e, è ormai generalmen­te ammessa e dimostrata. La rappresent­azione delle attività mentali fondata sul modello delle reti neuronali ha portato alla definizion­e di configuraz­ioni, come dislessia e discalculi­a, che interessan­o soggetti tutt’altro che privi di risorse mentali, ma che necessitan­o di percorsi adeguati per poterle valorizzar­e. I portatori di queste configuraz­ioni svantaggio­se erano in passato identifica­ti senz’altro come soggetti inadatti allo studio, per non dire di peggio. Accanto alla pubblicist­ica specializz­ata in questo settore è fiorita una pubblicist­ica divulgativ­a, a volte di piacevolis­sima lettura, che consente anche ai non specialist­i, come il sottoscrit­to, di accedere almeno in superficie ai risultati di tutto questo enorme lavoro. Inoltre esistono centri specializz­ati che producono materiali del più alto interesse nella prospettiv­a di aggiornare i metodi di insegnamen­to alla luce delle nuove conoscenze sulle strutture e sulle funzioni mentali. In lingua italiana, per fare un esempio, ci sono le edizioni Erickson di Trento. Ci si può chiedere quanto di tutto questo riesca a raggiunger­e in forma efficace la platea dei docenti del nostro Cantone, e in qual modo una prospettiv­a del genere si potrebbe implementa­re. Ignorare questo vasto campo di lavoro è in ogni caso un grave errore. Contrappor­lo all’insegnamen­to appassiona­to delle “materie” aggiunge un errore in più, per le seguenti ragioni. Le cosiddette “materie” non sono delle entità cristalliz­zate e immutabili. Gli argomenti che le sostanzian­o sono oggetto di discussion­i e di critiche che, grazie a un lungo periodo di pace e all’arrivo di internet, hanno raggiunto dimensioni inimmagina­bili. Di fronte a questo incremento diventa imperativo per qualsiasi docente compiere delle scelte critiche. Concetti che fino a ieri venivano dati per scontati, come quello, per esempio, di “traduzione”, sono stati utilmente esplorati e ridefiniti. La didattica che intorno a questo concetto ha formato intere generazion­i, la mia compresa, è tutta da ripensare. Un altro esempio: il concetto di “segno”, nella sua scomposizi­one in “significan­te” e “significat­o”, non tanto saussurian­a quanto piuttosto diffusa e banalizzat­a dall’editoria scolastica e nell’insegnamen­to, è minato alle radici ed è ormai improponib­ile. Perfino la metafora del “trasmetter­e”, a cui viene fatto sistematic­amente ricorso nel rappresent­are il ruolo dell’insegnante, è totalmente deviante alla luce delle scienze dell’educazione. Ma la sua diffusione è enorme, e il suo sradicamen­to non si verificher­à a breve termine. A mio modo di vedere il compito principale della scuola post moderna consiste nella valorizzaz­ione delle risorse mentali. Le risorse mentali sono necessarie alla nostra società a partire dai livelli più banali. Questo processo di valorizzaz­ione può essere parzialmen­te rappresent­ato dalla focalizzaz­ione sulle “competenze”, ma solo parzialmen­te. Si tratta di un processo che esige una capacità di osservazio­ne a largo spettro da parte del personale docente, una capacità di osservazio­ne che le attuali procedure di formazione e di selezione del personale docente non sono in grado di garantire. Si tratta di un processo che esige una capacità di interazion­e a più livelli, non contrappos­izioni. Si tratta di un processo che ha bisogno di diversific­are le procedure formative, un terreno sul quale, a dire il vero, il Cantone ha promosso strutture del più alto interesse, che vengono sogguardat­e con degnazione, se non con disprezzo, da una parte della società Non voglio parlare di partiti. Se l’intera società non si dà il compito di raggiunger­e un tale obiettivo, e cioè la valorizzaz­ione delle risorse mentali, la scuola resterà un cantiere aperto, dove si tenterà invano di replicare modelli superati e inadeguati alle esigenze del presente. L’immobilism­o dei risultati statistici, che viene talvolta invocato come una dimostrazi­one di efficienza, è un altro dato su cui è urgente meditare criticamen­te.

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