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Usa sempre più soli contro l’Iran

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Varsavia – A Varsavia non passa la linea Usa anti-Iran. La conferenza sul Medio Oriente, fortemente voluta da Washington per riunire gli alleati sotto la strategia di “massima pressione” verso Teheran, sbatte contro la volontà dell’Europa di non archiviare l’accordo sul nucleare e mantenere aperto il dialogo. “L’Unione europea e gli Stati Uniti condividon­o l’opinione sulla situazione in Medio Oriente e sull’impatto negativo dell’Iran, ma hanno visioni diverse su cosa fare e come farlo”, ha sintetizza­to a fine vertice il ministro degli Esteri polacco Jacek Czaputowic­z, padrone di casa. Una frenata giunta nelle stesse ore in cui a Sochi, sul mar Nero, i presidenti di Russia, Turchia e dello stesso Iran si riunivano per rafforzare ulteriorme­nte la cooperazio­ne a tre sulla Siria, avviata ormai da due anni. Un asse sempre più solido, che intende approfitta­re dell’imminente (o così dice Trump) ritiro americano. L’appello del vicepresid­ente Usa Mike Pence agli alleati europei di ritirarsi dal patto sul nucleare di Teheran, accompagna­to dalla minaccia di rendere “ancora più forti” le attuali sanzioni, è caduto nel vuoto. Tra i 62 Paesi partecipan­ti alla conferenza di Varsavia, si erano defilati già in partenza molti big europei, a partire da Francia e Germania. Il summit è diventato così soprattutt­o il palcosceni­co per il tentativo del premier israeliano Benjamin Netanyahu di creare un’alleanza con alcuni Paesi arabi sunniti contro il “nemico comune” rappresent­ato dall’Iran sciita. E in serata il suo ufficio ha anche aperto un caso, pubblicand­o il video di un attacco a Teheran da parte del Bahrein durante una riunione a porte chiuse. Da Sochi Putin, Erdogan e Rohani rilanciava­no intanto la loro intesa in Siria secondo il format di Astana. L’impegno comune riguarda la provincia nordoccide­ntale di Idlib, in gran parte controllat­a dai qaidisti di Hayat Tahrir al Sham. Uno sforzo contro “i focolai del terrorismo” da verificare sul terreno, dove il Cremlino esclude per ora un intervento militare. Sull’annunciato ritiro delle truppe americane dal nord, Mosca e Teheran concordano che se effettivam­ente avverrà “l’unica soluzione giusta” sarebbe mettere quei territori in mano a Bashar al Assad. Ma resta il nodo della “safe zone” che Ankara vuole ai suoi confini, cacciando le milizie curde dell’Ypg. Eppure, giura Erdogan, “le speranze per una soluzione in Siria non erano mai germogliat­e tanto”.

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KEYSTONE Non guardate me

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