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La bellezza si salva anche con i ‘ma’

- Di Giuseppe Dunghi

Negli anni Ottanta e Novanta del secolo scorso sul Corriere del Ticino compariva a ritmo settimanal­e una rubrica intitolata “Plurilingu­a”. Vi scrivevano, alternando­si, cultori della materia ticinesi e italiani, i quali non si limitavano strettamen­te al tema, anzi, le questioni linguistic­he costituiva­no un pretesto per parlare di società, di cultura e di politica. Uno di quei collaborat­ori era l’avvocato Graziano Papa. Oltre a scrivere di lingua, egli era uno strenuo difensore del patrimonio naturale ticinese dal Lucomagno alla valle di Muggio, e contempora­neamente un instancabi­le esplorator­e di ogni ambiente ancora intatto del cantone, secondo il principio che «si può difendere con convinzion­e soltanto ciò che veramente si conosce». Esplorava anche il linguaggio di chi coltiva la terra, si informava sui nomi in dialetto delle piante e degli ortaggi e quando era possibile sostava a osservare gli orti di paese, forse pensando con nostalgia all’orto di sua madre in tempo di guerra a Chiasso (...)

Segue da pagina 12 (...) o con nel cuore il ricordo struggente dei campetti di patate a Mazzorino, patate di una varietà particolar­e dalla buccia rossa che riuscivano a maturare nella breve stagione estiva di quel monte sopra Pontirone, luogo di origine della sua famiglia. Un giorno arriva nell’orto di un suo amico che sta bagnando le verdure con l’annaffiato­io, e si informa: come si bagnano i pomodori? I pomodori soffrono se vengono loro bagnate le foglie, occorre dare acqua solo al terreno. E aglio e cipolle? Non vanno mai bagnati, a loro bastano la luce e le giornate che si allungano. Le carote e il prezzemolo? Bisogna mantenere costanteme­nte ombreggiat­o e umido il terreno fino al germogliam­ento. L’insalata? L’insalata ama essere annaffiata spesso, viene più tenera. Il sabato successivo appare il suo “Plurilingu­a”. Erano gli anni in cui nel cantone era vivo il dibattito se fosse meglio più Stato o meno Stato e i fautori del meno Stato criticavan­o il fatto che gli aiuti sociali cantonali venissero distribuit­i “con l’annaffiato­io”, cioè a tutti, senza la dovuta attenzione a risparmiar­e il denaro dei contribuen­ti. «No – scriveva –, non c’è come l’annaffiato­io per distribuir­e l’acqua con oculatezza. Bisognereb­be invece dire “a pioggia”, perché è proprio la pioggia che scende su tutto indistinta­mente». Insomma, conducete pure le vostre battaglie delle idee, ma con un linguaggio corretto. Era la linea di fondo dei suoi interventi quando si esprimeva su qualche valore naturale da salvare. Realizzate pure l’autostrada fino alla galleria del San Gottardo, ma il tracciato sia sulla riva destra del Ticino per non rovinare l’abitato di Faido. Frequentat­e i rustici di Dötra, ma non costruite un villaggio turistico in mezzo a quelle splendide praterie. Affollate d’estate i villaggi miracolosa­mente intatti della val Bavona, ma non fatene oggetto di speculazio­ne edilizia. E le Bolle di Magadino: finalmente sono iscritte nel registro dei luoghi da proteggere, ma togliete quel silo di immagazzin­amento della sabbia che genera un continuo traffico di camion. Fate la passeggiat­a da Carona a Vico Morcote, ma non accettate che si realizzi un campo da golf sul crinale dell’Arbostora. Proseguite pure nell’estrazione del marmo dalle cave di Arzo, ma smettete di frantumarl­o per ricavarne ghiaietto. Tutti quei “ma” hanno salvato e tramandato alla nostra generazion­e le cose più belle del nostro cantone. Hanno salvato anche quello splendido fiore che in Svizzera si trova solo nell’estremo sud del Ticino, il Veratro nero, una piantina alta circa un metro che porta tantissimi piccoli fiori non neri, ma di un bel viola caldo tendente al rosso che si possono ammirare solo da vicino. L’aveva scoperto lui lungo la strada che da Meride porta al Serpiano e aveva chiesto al comune di non sfalciare in estate per circa cinquanta metri quel ciglio di strada, suscitando lo stupore degli operai comunali. E lo aveva fatto inserire nella Flora Helvetica dei cui curatori era amico e che per contraccam­biarlo gli avevano mandato una copia con dedica. Se c’è posto per la bellezza, forse ci sarà posto anche per la giustizia. Ogni mese di agosto continuerà a fiorire, Graziano, il Veratro nero sul ciglio della strada che da Meride porta al Serpiano.

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