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‘Non tutti in buona fede’

Tra forti critiche e rimproveri, in Gran Consiglio cala il sipario sul caso Argo 1 Michele Foletti, presidente della Commission­e d’inchiesta: nessuna giustifica­zione per il mancato rispetto delle norme

- Di Jacopo Scarinci e Daniel Ritzer

«Un quadro desolante». E rivolgendo­si a Paolo Beltramine­lli: «Scusi la franchezza, ma la sua responsabi­lità politica è lampante». Poi la bordata, «senza fare sconti a nessuno e senza considerar­e la casacca partitica: signori ministri, così non va». È netto il liberale radicale Giorgio Galusero nel commentare il lavoro della Commission­e parlamenta­re d’inchiesta (Cpi) sul caso Argo 1, illustrato ieri in parlamento a distanza di quindici mesi da quel 6 novembre 2017, giorno in cui il Gran Consiglio ne ha deciso l’istituzion­e. La Cpi – composta, oltreché da Galusero, da Michele Foletti (Lega), Claudio Franscella (Ppd), Carlo Lepori (Ps), Michela Delcò Petralli (Verdi) e Tiziano Galeazzi (Udc) – aveva il compito di far luce, dal punto di vista amministra­tivo e delle responsabi­lità politiche, sul mandato per la sorveglian­za dei centri per richiedent­i l’asilo dato alla ditta di sicurezza Argo 1. Un mandato «conferito con la più assoluta improvvisa­zione», rincara Galusero. «Senza alcun controllo iniziale di una ditta che non si sapeva da dove comparisse», sì. Ma «non bisogna fare sconti nemmeno alla leggerezza con cui la Sezione delle finanze ha pagato tutte le fatture senza la necessaria risoluzion­e governativ­a, si parla di sette milioni spesi senza uno straccio di documento». Il governo, nella sua replica inviata per iscritto alla Cpi, ha fatto leva sulla buona fede con cui i funzionari hanno gestito il caso. Tesi, questa, «che mi lascia ancora più esterrefat­to, assieme al fatto che viene ribadita l’emergenza nella quale si è operato». C’era «forse all’inizio», sicurament­e non quando «è stato firmato il contratto con Argo 1». E da qui, ancora un affondo a Paolo Beltramine­lli, direttore del Dss: «Dopo due anni, credo che lei non abbia ancora capito la portata di quanto successo nel suo ufficio». Anche dalla Lega non si sono contate le cannonate. Per il capogruppo Daniele Caverzasio su tutta la storia «aleggia una sorta di cultura dell’omertà, della necessità di proteggers­i l’un l’altro, cercando la protezione del partito, convinti che i partiti storici abbiano il potere di una volta e riescano a insabbiare. Una cultura ben radicata nell’amministra­zione». Ma ne ha per tutti, Caverzasio. Per il capogruppo liberale radicale Alex Farinelli che, «da coordinato­re della sottocommi­ssione che ha preceduto la Cpi, non ha dato comunicazi­one ai suoi colleghi per una settimana di un’importante e-mail di Renato Scheurer, nella quale l’allora Capo dell’Ufficio sostegno sociale e inseriment­o ritrattava una sua dichiarazi­one. Asserendo che pensava fosse una comunicazi­one privata, quando – rinnova Caverzasio – invece al procurator­e generale l’ha segnalata subito. Era privata o no, quindi?». E ce n’è anche per il Ppd, riguardo alla cena di Bormio «e al soggiorno offerto da Marco Sansonetti, ex responsabi­le operativo di Argo 1, al presidente popolare democratic­o Fiorenzo Dadò e a Carmela Fiorini, responsabi­le del Servizio richiedent­i l’asilo del Dss. Dell’incontro convocato in seguito presso un ufficio dell’Amministra­zione cantonale per discutere della questione, presenti Dadò e Fiorini, nessuno ha ritenuto di avvertire Beltramine­lli». A ripetere che «l’urgenza non dura quattro anni» è anche la verde Michela Delcò Petralli: «Non si pagano tutti questi milioni senza i necessari giustifica­tivi, non è ammissibil­e che si sia andati avanti per quattro anni senza che nessuno tirasse il freno a mano». E la staffilata a Beltramine­lli è naturale conseguenz­a dell’argomentar­e: «Non so se si è reso conto che i suoi funzionari agivano come se sopra di loro non ci fosse nessuno. Lei ha firmato un contratto con Argo 1 a occhi chiusi, senza sapere chi fossero, senza concorso pubblico, senza risoluzion­e governativ­a. So che fare il consiglier­e di Stato non è facile, ma se non si deve essere temuti dai funzionari, almeno rispettati sì». Sbagliare si può, afferma la deputata dei Verdi, «ma poi si chiede scusa, si ammette. Non si briga per nascondere la verità o screditare chi ha aperto il vaso di Pandora». Per l’Udc è Gabriele Pinoja a dirsi «scioccato e ammutolito, come tutta l’aula» davanti a questa storia. «Mi auguro che il Consiglio di Stato e il Dipartimen­to sanità e socialità abbiano la forza e il coraggio di scusarsi per l’accaduto davanti a tutto il Cantone».

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TI-PRESS Paolo Beltramine­lli ieri in Gran Consiglio

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