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Anche il Labour si spacca sulla Brexit

- Ansa/red

Londra – La Brexit spacca anche il Labour. Sette deputati hanno lasciato il partito, in aperto dissenso da Jeremy Corbyn, considerat­o quantomeno tiepido nei confronti dei temi europei (oltre che ambiguo nella condanna delle espression­i antisemite originate nello stesso partito). Una scissione, seppure modesta, che di sicuro non favorirà il disperato tentativo di Theresa May di formulare una ipotesi di intesa che metta d’accordo Bruxelles e i brexiteer più esagitati nel suo stesso partito, e in generale in quella Camera dei Comuni che ha già bocciato un testo precedente. Si aggiunga che proprio ieri, Honda ha confermato che si appresta a chiudere nel 2022 lo stabilimen­to di Swindon; ultima di una lista di aziende (Nissan, Sony, Panasonic) intenziona­te a far le valigie per ragioni che, almeno in parte, non possono non risentire dei timori di un’uscita senz’intesa del Regno Unito dall’Ue. I posti persi sarebbero 3’500. Il negoziato ripreso nelle ore scorse dai ministri Jeremy Hunt, Stephen Barclay e Geoffrey Cox a Bruxelles è dunque quanto di più vano si possa immaginare. La rottura, tutt’altro che inattesa, nel partito laburista è stata consumata da sette deputati dell’ala centrista e liberal, in polemica con la leadership di Corbyn. Tutti pro-remain e fautori di un secondo referendum sull’uscita dall’Unione. I dissidenti sono Chuka Umunna, Chris Leslie, Angela Smith, Mike Gapes, Gavin Shuker, Ann Coffey e Luciana Berger. A Corbyn i sette ribelli hanno rimprovera­to un po’ di tutto: dalla posizione sulla Brexit ritenuta non sufficient­emente pro-europea, all’inazione contro “l’antisemiti­smo istituzion­alizzato” denunciato in settori del partito; dall’ideologia a loro dire “ristretta e datata” di “estrema sinistra”, a una politica estera considerat­a poco interventi­sta rispetto a “Russia, Siria e Venezuela”; fino agli atteggiame­nti “intimidato­ri”, quasi da culto della personalit­à, imputati ad attivisti a lui vicini. Corbyn si è limitato a dirsi deluso, ricordando come la sua linea sia stata sancita da vari congressi e da un aumento di voti alle elezioni politiche.

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KEYSTONE Quelli del no

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