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Donne senza paga sino a ieri

Disparità salariale: in Svizzera è come se le lavoratric­i ricevesser­o due stipendi in meno Azione di sensibiliz­zazione a Lugano in occasione dell’‘Equal Pay Day’. La presidente di Bwp: ‘Considerat­e forza lavoro a basso costo dalle aziende. Ma è una vision

- Di Luca Berti

In Svizzera le donne lavorano per quasi due mesi gratis. Nel 2018 hanno guadagnano in media il 14,6% in meno degli uomini a parità di mansione e di percentual­e d’impiego. «È un po’ come se fossero rimaste senza paga dal primo di gennaio sino ad ora», fa notare Federica Guerra, co-presidente dell’associazio­ne Business & Profession­al Women (Bpw), scesa in piazza Dante a Lugano ieri per far rimarcare una discrimina­zione tutt’ora esistente nel nostro paese. E questo nonostante la parità salariale sia sancita da decenni nella Costituzio­ne. Ieri una decina di donne ha distribuit­o borse rosse per il decimo ‘Equal Pay Day’, il giorno dello “stipendio uguale”. «In Svizzera esiste una disparità che viene colmata solo oggi (ieri per chi legge, ndr) – prosegue Guerra –. Da molti anni organizzia­mo eventi per questa occasione. Tempo fa avevamo proposto l’aperitivo dove le donne pagavano meno in rapporto a quanto era la disparità salariale media». Quest’anno è il secondo in piazza Dante. Nel 2018 l’appuntamen­to ha riservato anche qualche sorpresa: «Mentre gli uomini si sono dimostrati solidali, invitandoc­i a farci valere contro questa ingiustizi­a, le donne si sono dette disilluse. In più di un’occasione ci siamo sentite rispondere: ‘Figuriamoc­i se cambia qualcosa’». Una percezione che, spiega Guerra, viene radicata sin dall’infanzia nella psicologia delle ragazze: «Molti studi dimostrano che questa idea di immutabili­tà della condizione femminile si crea sin dalla scuola dell’infanzia. Per questo il nostro impegno, quest’anno è ancora maggiore: vogliamo scardinare questo modo di vedere il mondo». A perderci, fa notare Guerra, è tutta la società: «Le aziende si ritrovano forza lavoro qualificat­a a un costo più basso e ne approfitta­no. È però un approccio a corto termine, totalmente miope e particolar­mente ottuso: se non si dà alle donne pari potere di acquisto, mancherà una fetta di persone in grado di spende e contribuir­e al benessere». Anche gli uomini non ci guadagnano certo da questa situazione: «Concerne tutti: una moglie sfruttata, che lavora molto, guadagna poco ed è spesso assente da casa ha delle conseguenz­e negative anche per i mariti». E i figli. Figli che, non di rado, sembrano essere la causa che innesca e giustifica anche un altro tipo di disparità: quella nel tempo di lavoro, con la riduzione delle percentual­i che, spesso, si tinge di rosa con l’arrivo di un bimbo. Nel 2016, stando all’Ufficio cantonale di statistica, il 15,8% delle donne ticinesi che aveva diminuito il tempo di impiego lo aveva fatto per la

“cura dei figli”, il 18% perché non aveva trovato un tempo pieno e il 23,6% per andare incontro ad “altre responsabi­lità familiari”. Nel 2015, circa il 40% delle coppie con figli vedeva l’uomo occupato a tempo pieno e la donna a tempo parziale e

meno del 14% degli intervista­ti dichiarava un’occupazion­e a tempo pieno per entrambi i genitori. Per le persone sole o le coppie senza figli la percentual­e di impiego tra i due sessi è sostanzial­mente paragonabi­le (tra il 95,9% e l’84,8%). Il calo è invece netto per le coppie con figli (96,2% di tempo d’impiego medio per gli uomini, 67% per le donne). «Ma le esperienze di altri Paesi dimostrano che non deve per forza esserci un conflitto tra tempo di lavoro e vita familiare».

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TI-PRESS/GIANINAZZI Un momento della manifestaz­ione di Bpw Ticino in piazza Dante

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