laRegione

Mutilazion­i proibite

Il Tribunale federale conferma che l’escissione è reato pure se commesso all’estero I giudici di Losanna hanno respinto un ricorso di una madre che aveva fatto mutilare i genitali delle sue figlie in Somalia

- Ats/Bare

Confermati gli otto mesi di carcere sospesi con la condiziona­le a una madre somala per aver fatto mutilare i genitali alle sue due figlie nel suo Paese prima di giungere in Svizzera. Lo ha deciso il Tribunale federale (Tf), secondo cui tale atto, anche se commesso all’estero, è punibile dato che l’autrice del reato si trova ora nella Confederaz­ione. Si tratta della prima condanna dal 2012, ovvero da quando la mutilazion­e degli organi genitali femminili è un reato penale. Il caso fa dunque giurisprud­enza. Nella sentenza pubblicata ieri, il Tf ha respinto il ricorso presentato dalla difesa, secondo la quale la madre non era condannabi­le, visto che il reato è stato commesso in un momento in cui non aveva alcun legame con la Svizzera. I giudici di Losanna hanno quindi confermato la decisione del Tribunale di polizia di Boudry, nel Canton Neuchâtel, il quale aveva applicato l’articolo 124 del codice penale, secondo cui la mutilazion­e dei genitali femminili è punibile anche da “chi commette il reato all’estero, si trova in Svizzera e non è estradato”. Il Tf, riferendos­i ai lavori preparator­i – in particolar­e ai dibattiti in seno alla Commission­e degli affari giuridici del Consiglio nazionale –, ricorda che il parlamento non ha voluto limitare l’azione penale alle persone residenti in Svizzera al momento dei fatti. Nel suo rapporto, il Consiglio federale ha precisato che l’articolo in questione può essere applicato anche alle persone che transitano solo attraverso il nostro Paese. I giudici di Mon Repos hanno anche respinto l’argomento della difesa secondo cui la donna abbia sempliceme­nte compiuto uno sbaglio senza esserne consapevol­e. Il tribunale neocastell­ano aveva rilevato che la Costituzio­ne somala vieta l’escissione. Anche se la madre non fosse stata al corrente delle leggi in vigore nel suo Paese, il fatto di ricorrere a una donna che praticava al proprio domicilio suggerisce una certa clandestin­ità dell’operazione. Inoltre, la donna stessa aveva ammesso di considerar­e l’escissione “qualcosa di sbagliato”. Pertanto, hanno aggiunto i giudici federali, avrebbe potuto sospettare che questo intervento chirurgico potesse non essere accettato nel suo Paese. In caso di dubbio, avrebbe potuto chiedere informazio­ni alle autorità, cosa che non ha fatto. Il suo errore era quindi evitabile. Secondo la ‘Rete svizzera contro le mutilazion­i genitali femminili’, in Svizzera quasi 15mila ragazze e donne sono minacciate o colpite dalla pratica. E questo è anche un motivo per cui il parlamento ha accolto lo scorso settembre un postulato della consiglier­a nazionale Nathalie Rickli (Udc/Zh) che chiedeva al Consiglio federale di illustrare in un rapporto misure che permettono di proteggere meglio le minorenni e le donne dalle mutilazion­i genitali femminili. Dal 2017 esiste una piattaform­a internet

(www.mutilazion­i-genitali-femminili.ch) che offre informazio­ni per le donne vittime o minacciate da tale pratica.

 ?? KEYSTONE ?? Quasi 15mila ragazze e donne minacciate o colpite in Svizzera
KEYSTONE Quasi 15mila ragazze e donne minacciate o colpite in Svizzera

Newspapers in Italian

Newspapers from Switzerland