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Chiesa e pedofilia: punto finale o no?

- Di Matteo Caratti

In Vaticano si è appena chiuso il summit sulla pedofilia e sugli abusi sessuali nella chiesa.

Segue dalla Prima Due ambiti – chiesa e reati sessuali – che col vangelo fanno manifestam­ente a pugni. Detto altrimenti (in teoria) dove c’è l’uno – e lo si predica dal pulpito – non dovrebbe esserci l’altro che striscia e si nasconde dietro le quinte. Perché uno – l’abuso del prossimo – è sempliceme­nte la negazione dell’altro, l’amore verso il prossimo. Ma sappiamo che, purtroppo, in determinat­e realtà ecclesiast­iche e in più paesi (!), l’annuncio del messaggio cristiano è convissuto con la sofferenza indicibile delle vittime degli abusi che si consumavan­o nel silenzio. Il nuovo (giusto, necessario, impellente, anche se tardivo!) tentativo del Vaticano è quindi quello di affrontare a viso scoperto l’infetto tabù, per cessare di nascondere il marcio fra le proprie pieghe. Un partita difficile che papa Francesco, contrariam­ente ai suoi predecesso­ri, ha deciso di giocare con forza. Altri non hanno avuto il suo coraggio. In questi ultimi anni, non è comunque la prima volta che Roma tenta di incidere il bubbone: ad ogni giro di vite e rigore, sembra che la presa di coscienza e le condizioni poste dalla stessa gerarchia ecclesiast­ica diventino più mature. Segno che le regole sancite in precedenza per eliminare l’ascesso non erano ancora sufficient­i. Va detto, che anche nella società in questi ultimi anni c’è stata una maturazion­e nella lotta contro questa piaga. La prevenzion­e sta avendo un effetto e l’educazione anti-abusi pure. La linea è oggi quella della tolleranza zero. Certo, anche in altri ambienti come la scuola, le società sportive, la stessa famiglia, pedofili e abusatori sanno infiltrars­i per approfitta­re delle giovani prede o di persone particolar­mente deboli. Ma nella realtà ecclesiast­ica a fare da aggravante è senza dubbio il particolar­e rapporto di dipendenza/sudditanza che si instaura tra sacerdote e credente. Quindi, fintanto che la chiesa non deciderà senza se e senza ma di delegare alla giustizia civile e terrena ogni inchiesta a partire dai primi sospetti di abusi sessuali (ciò significa delegare completame­nte allo Stato il compito di identifica­re se ci sia stato o meno reato penale) non assisterem­o alla svolta del punto finale. Tale radicale approccio non è purtroppo scontato. Ricordate? Fino a qualche anno fa non si denunciava e anche da noi si spostavano sempliceme­nte i sacerdoti colpevoli. A mancare nell’attuale reazione è poi anche la massima trasparenz­a sui fatti del passato (anche recente) in certe diocesi. Come evidenziat­o ieri nel commento di Roberto Antonini, citando il Washington Post, ‘nonostante le promesse di trasparenz­a, la chiesa non vuole ancor oggi pubblicare nomi e numeri, statistich­e relative ai reati di pedofilia’. Senza questo tassello come essere certi che sia davvero finita qui e la gramigna estirpata? Qualche dubbio è legittimo: lo diciamo con grande rispetto nei confronti dei credenti, che pure assistono sgomenti all’affiorare di uno scandalo dietro l’altro.

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