laRegione

Il mistero dell’eredità contesa

A processo una coppia sospettata di aver malversato tredici milioni grazie a un testamento falso I coniugi sono accusati di riciclaggi­o, truffa e falsità in documenti. La pubblica accusa ha chiesto tre anni e quattro mesi per lui; due mesi in meno per la

- Di Dino Stevanovic

Soldi, tanti soldi. E poi: una morte tragica, una famiglia litigiosa, testamenti contraddit­tori e relative contese ereditarie. Non sono gli ingredient­i di un racconto di Agatha Christie, ma i contorni della vicenda approdata ieri alle Assise criminali di Lugano. Alla sbarra due coniugi – 63 anni lui e 42 lei –, sospettati di aver malversato circa tredici milioni di euro grazie a un testamento falso. Per loro, la procuratri­ce pubblica Raffaella Rigamonti ha chiesto una pena di rispettiva­mente tre anni e quattro mesi e tre anni e due mesi, e per entrambi novanta aliquote giornalier­e da trenta franchi ciascuna. L’accusa «è pesante»: ripetuto riciclaggi­o aggravato, truffa e falsità in documenti, oltre a una grave infrazione alle norme della circolazio­ne per l’uomo. La storia scava nel profondo di una famiglia ed è ormai datata. Lo zio dell’imputato, gravemente depresso, morì infatti suicida nel 2008, lasciando una fortuna immobiliar­e e pecuniaria di milioni. Di lì a poco spuntò un testamento datato a circa un anno prima che indicava quale erede universale il nipote: uno degli imputati. «L’autenticit­à del testamento è il tema attorno al quale ruota l’intera vicenda – ha ricordato la pp durante la requisitor­ia –, ma risulta poco credibile che sia stato lo zio a firmarlo». Nel giorno in cui le presunte volontà ereditarie furono stilate, il defunto si trovava con moglie e amici in vacanza a Portorose, nota località turistica slovena. «Dista due ore e mezza da Vicenza (provincia d’origine della famiglia, ndr)» ha detto ieri il nipote, ipotizzand­o che l’anziano avesse abbandonat­o la villeggiat­ura in giornata proprio per dettare i propri lasciti.

Un valzer di transazion­i: dal Liechtenst­ein a Lugano e infine a Ginevra. La metà in contanti.

Sette le perizie di parte in Italia con esiti diversi; per quella commission­ata dal Ministero pubblico ticinese si tratta di un falso. E sebbene sia un punto focale nella vicenda, «non spetta a questa Corte esprimersi su questo punto» ha ricordato il presidente Mauro Ermani. Gli imputati – italiani residenti nel Luganese dal 2012, inizialmen­te con lo statuto di globalisti –, sulla base del testamento si sono fatti rilasciare un atto di notorietà e grazie a questo hanno commesso le presunte malversazi­oni. Reati sui quali si è indagato dopo la denuncia della vedova dello zio e per i quali la coppia ha già scontato due mesi di carcerazio­ne preventiva nel 2013. «Periodi lunghi a causa del carattere internazio­nale dell’inchiesta», ha specificat­o Rigamonti. Un valzer di transazion­i, che dal Liechtenst­ein ha raggiunto la Svizzera: la banca Bsi di Lugano prima e la filiale ginevrina della stessa, poi. In totale, circa tredici milioni gli euro fatti transitare su conti intestati alla moglie. Soldi prelevati – finché possibile, circa la metà del totale – in contanti: «Affinché non fossero rintraccia­bili» secondo la pp. Successiva­mente sarebbe entrata in gioco una fiduciaria luganese, che avrebbe aiutato i coniugi a effettuare i bonifici richiesti. Parte del denaro nel frattempo sarebbe stata spesa per costruire una casa in Ticino e per acquistare delle automobili. «Erano coscienti di aver sottratto soldi che sarebbero dovuti essere messi a disposizio­ne della comunione ereditaria – ha detto Rigamonti –, come pure dell’illecito». Secondo la pubblica accusa, i due avrebbero infatti mentito svariate volte durante l’inchiesta, nascondend­o l’esistenza di conti e soldi. «Non sapevo nulla – si è giustifica­to l’imputato, incalzato da Ermani –, del caso si è occupato il mio avvocato italiano». «Eppure sapevano che la vedova (che presentò un testamento pure controvers­o, ndr) aveva avviato una causa in Italia per dichiarare nullo il testamento che indicava il 63enne erede universale», ha accusato Rigamonti. E pur sapendolo, avrebbero proseguito col proprio piano. Una vedova, «la cui sofferenza è stata calpestata dall’egoismo primitivo dell’imputato» ha rimarcato il rappresent­ante dell’accusatric­e privata Maurizio Pagliuca, chiedendo anche oltre 150’000 franchi di risarcimen­to. Oggi le arringhe dei difensori e la sentenza.

 ?? TI-PRESS ?? I soldi sarebbero stati lasciati dallo zio, imprendito­re milionario
TI-PRESS I soldi sarebbero stati lasciati dallo zio, imprendito­re milionario

Newspapers in Italian

Newspapers from Switzerland