Un dramma per il teatro
Segua da pagina 10 (...) elenca le modalità della costruzione del nuovo teatro. Prescrive il concorso pubblico fra architetti e con ciò entra nel labirintico e oscuro paesaggio delle coscienze che muovono i meccanismi della trasparenza e della coerenza nella gestione di questioni pubbliche o d’interesse pubblico, come lo sono quelle che riguardano un teatro. Sorprendente è che a nessuno, coinvolto nella faccenda, sia passato per la mente che a poche decine di metri dal Teatro Kursaal vi è a testimonianza di un modo di procedere “corretto e trasparente” nell’edificazione pubblica, il Palacinema. Per incompetenza e per amor di patria non sono in grado di dare un giudizio sul valore architettonico di questo recente palazzo, costruito in origine per ospitare aule scolastiche, svuotato come se fosse un banale recipiente multiuso, poi farcito di spazi interni disarmonici e avulsi dal contesto strutturale e funzionale della nuova destinazione. Tuttavia, se si tiene conto di come si ragiona e si vuole agire oggi col Kursaal, può sorgere il dubbio che le vecchie scuole comunali sono state scientemente svuotate ai fini di preparare l’edificio a una fatale, futura demolizione. A mio parere e a rigore di logica le scuole dovevano già essere demolite per avere una costruzione almeno vicina a ciò che i nostri maestri d’architettura e l’attualità sono in grado di proporre. Ricordo che fra i progetti per l’edificazione del Palacinema, esposti in due aule delle vecchie scuole comunali, si proponevano alcune idee edificatorie che avrebbero stupito, come solo l’architettura d’alta qualità sa fare. Ma tant’è; tutti sappiamo che è inutile piangere sul latte versato. È tuttavia utile riflettere seriamente sulla gestione della condizione urbana locarnese, disgregata socialmente e divisa politicamente in troppe baronie invece che aggregata per la realizzazione di un progetto comune e condiviso. Mai, nella storia della città, i problemi e i contenziosi legati a un operare scriteriato si sono presentati tanto numerosi e drammatici come oggi. È il tempo, il nostro, della violazione della sacralità del lago, snaturata ad Ascona da una passerella di plastica lunga tremila metri, il tempo dello sfregio di Monte Bré dove si prevedono costruzioni fatte da chi considera la montagna una volgare casa da gioco, dove il profitto è assicurato e, per concludere, è il tempo del Teatro, frequentato da ingannati in procinto d’essere trattati come migranti della cultura quando, delusi per lo squallore che troveranno a Locarno dopo la demolizione del loro teatro, saranno deportati, a centinaia, al gioiello di Bellinzona o al Piccolo di Milano per assistere a spettacoli che oggi possono godersi a chilometro zero. Ancora troppa gente di Locarno purtroppo, ignora il concetto di città proposto e realizzato dal sindaco Francesco Balli nell’Ottocento. Il suo progetto era molto distante dal risultato conseguito oggi: abbiamo un territorio trattato come se fosse un campo aperto a disposizione di palazzinari e speculatori. Per ricavare profitto, segano il ramo sul quale sono comodamente seduti. Il turismo delle persone intelligenti e il mercato immobiliare già ne risentono in modo preoccupante.