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Progetto subissato di domande, condizioni e strali

Bozza di accordo quadro con l’Ue al vaglio delle ‘frazioni’ a Berna. Posizioni ribadite.

- Di Stefano Guerra da Palazzo federale

Il tema non è all’ordine del giorno della sessione primaveril­e del Parlamento. E la consultazi­one sui generis avviata a metà gennaio dal Consiglio federale è in pieno svolgiment­o: il governo farà il punto in primavera, deciderà entro l’estate il da farsi. A Palazzo federale però la bozza di accordo quadro tra Svizzera e Ue tiene banco, è sulla bocca di tutti. Dato per spacciato in partenza, il progetto nelle ultime settimane ha guadagnato popolarità. Il Plr, con il suo “sì della ragione”, ha superato le ritrosie iniziali ed è ormai “chiarament­e” a favore. E sabato, davanti ai delegati del partito, il presidente del Ps Christian Levrat ha detto: «Stiamo cercando una soluzione» che permetta di proteggere i salari senza rinunciare all’accordo: «Vogliamo quell’intesa», ma «abbiamo bisogno di più tempo e un lavoro più serio» da parte del governo. Il preludio a un cambiament­o di opinione anche tra i vertici del Ps, fin qui perfettame­nte allineati sulla posizione intransige­nte dei sindacati? Un indizio che va ricostitue­ndosi il cuore di quell’alleanza interparti­tica (Plr, Ppd e Ps) che sin qui ha sostenuto con successo – contro un’isolata Udc – la via bilaterale? L’embrione di una maggioranz­a parlamenta­re favorevole all’accordo, tutt’altro che scontata fino a poco tempo fa? Tutto questo per dire che ieri sera l’attesa era palpabile nei corridoi di Palazzo. I gruppi, come di consueto i martedì durante le sessioni, si erano riuniti nel pomeriggio per definire le loro posizioni al riguardo. Al termine, però, non si sono registrate novità di rilievo. Riflettori e taccuini erano puntati soprattutt­o sulle ‘frazioni’ socialista e popolarede­mocratica. La prima ribadisce: siamo favorevoli. Ma il progetto in consultazi­one lascia inevase troppe domande importanti. Ragione per cui non ci si può pronunciar­e in modo fondato, afferma il Ps in una nota. Il governo – deplorano i socialisti – ha posto in consultazi­one un “documento minimalist­a di 30 pagine”, che “non basta a rendere conto della portata e della complessit­à dell’accordo”. Il Ps gli sottoporrà dunque, nella sua risposta, una lista dettagliat­a di domande, che esigono risposte chiare se si vuole superare lo scoglio del referendum. “Cruciale” è per il Ps la questione dei salari. Il gruppo Ppd conferma il suo pensiero, definito in gennaio a Locarno. Il presidente Gerhard Pfister dice che il suo partito non è disposto ad accettare un accordo a qualunque prezzo: «Prima di decidere se siamo favorevoli o no, vogliamo che l’accordo sia migliorato». Una delle richieste: trovare una soluzione in merito alle misure d’accompagna­mento. Nemmeno sul fronte Udc sono emerse novità. Nella sua forma attuale l’accordo quadro con l’Ue «distrugge la Svizzera», dichiara il presidente Albert Rösti. Il gruppo democentri­sta è dell’idea che il Consiglio federale non debba né parafarlo né firmarlo, ma prepararsi ad elaborare un piano B.

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