Macky Sall presidente di un Senegal esemplare
Macky Sall è di nuovo presidente del Senegal. Ieri, il Consiglio costituzionale ha confermato il risultato del primo turno delle elezioni, vinto il 24 febbraio dallo stesso presidente uscente con il 58,26% dei voti. Un risultato che lo ha posto nettamente davanti ai suoi avversari: Idrissa Seck, ex primo ministro (20,50%), Osmane Sonko al 15,67, e le briciole agli altri. Mentre a due potenziali solidi concorrenti come Khalifa Sall, ex sindaco di Dakar e Karim Wade, ex ministro e figlio del vecchio presidente Abdoulaye Wade la magistratura ha impedito di candidarsi. Il successo di Macky Sall è reso ancora più significativo tenuto conto che la partecipazione al voto è cresciuta al 66,23%, rispetto al 51,8% del 2012, quando riuscì a battere Wade, del quale era stato ministro, al ballottaggio. Gli sconfitti hanno lamentato frodi elettorali ai loro danni, rimettendosi tuttavia alla decisione del Consiglio costituzionale. Ed è anche questa una singolarità che fa del Senegal uno dei paesi più stabili dell’Africa, e uno dei più vivaci economicamente. La crescita media annua del suo prodotto interno lordo (con tutti i limiti di questo indicatore) è del 6%, che lo pone in testa alla media del continente (e fa invidia a molti paesi europei). “Il successo del presidente – ha considerato Angelo Turco, docente di geografia umana alla Iulm, su Africa ExPress – si deve a un mix di retorica, risultati concreti e marketing territoriale. Ha pagato la retorica della continuità istituzionale e della stabilità politica contro i rischi di un cambiamento che, con i discorsi neopopulisti del giovane Ousmane Sonko, ha tuttavia sedotto qualcosa come il 16% degli elettori. Ma all’incasso elettorale Sall ha portato soprattutto i risultati economici del suo quinquennio”. Se non era stato facile succedere a Wade (detentore di un potere apparentemente inscalfibile e molto amato al di fuori del Paese), Macky Sall dovrà impegnarsi per confermare il proprio credito. L’economia è dalla sua, ma lo attendono impegnative riforme istituzionali, dal riequilibrio dei ruoli tra esecutivo e legislativo, alla indipendenza autentica del sistema giudiziario.