In declino su tutti i fronti (e frontiere)
La lotta per definire le varie posizioni è ancora aperta ma si può già trarre qualche considerazione dalla stagione in corso e ciò che appare evidente è che il nostro basket stia andando tendenzialmente verso il basso, sia sul piano tecnico che su quello dell’attrattività. Le cifre degli spettatori sono mediamente e globalmente molto modeste e, se si contassero le teste e non le gambe per quantificare gli spettatori, avremmo dati molto più reali. Non facciamo i disfattisti a prescindere, ma le informazioni raccolte nelle scorse settimane dicono questo e pure gli allenatori e i dirigenti sono preoccupati della situazione. Ovviamente non fanno parte di questo gruppo Olympic, Ginevra e, in parte, Neuchâtel. Le prime due hanno budget che, sommati, corrispondono grosso modo all’insieme di altre sette squadre, tolti appunto i neocastellani e, forse, il Monthey. L’idea che si arriverà forse ad avere 12 squadre la prossima stagione non sarebbe un male, rispetto alle 11 che impongono soste assurde e che, in concomitanza con partite di Coppa, si allungano anche a tre settimane, con tutti i nefasti problemi di ritmo e altro che tutti lamentano. Ma non abbiamo una forza tecnica in Svizzera tale da permettere di avere sette o otto elvetici di qualità. Se si vanno a vedere quanti giocatori per squadra scendono in campo (senza necessariamente mettere qualche punto), si nota che di solito, fatta eccezione per le solite tre o quattro compagini, la maggior parte dei team schierano sei o sette giocatori. In alcune partite cinque, con qualche minutino per lo svizzero di turno quando gli stranieri sono solo tre. Segno evidente di un male del quale parliamo da anni: settori giovanili che non producono più talenti, necessità di andare Oltreoceano a scovare gente di passaporto svizzero che non necessariamente è migliore di altre pedine nostrane ma, perlomeno, vuole giocare a basket. I pochi svizzeri di valore hanno costi due o tre volte maggiori rispetto agli stranieri e, chiaramente, se li accaparra (e vince) chi i soldi li ha. In Europa l’Olympic ha fatto una più che discreta figura, ma ha dovuto giocare con cinque stranieri – oltre a quattro nazionali – e investimenti super. Quando poi si parla di Nazionale, ci si lamenta dei pochi nuovi elementi che vi approdano, si cercano all’estero quelli bravi (vedi Baldassarri), si rimpiangono i soliti inarrivabili Sefolosha e Capela, ma intanto si fanno le nozze con i fichi secchi, lottando nella parte bassa del ranking europeo. Che occorra un cambiamento di rotta a livello globale, dalla Federazione ai club, lo diciamo da anni e appare sempre più evidente, ma di soluzioni concrete ed efficaci non se ne sono ancora viste.