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Senza Hiv per la seconda volta

Domande e risposte sul caso del ‘paziente di Londra’ che dopo un trapianto non è più sieroposit­ivo

- Red

Dodici anni dopo il ‘paziente di Berlino’ Timothy Ray Brown, un’altra persona sembra aver eliminato il virus. Ma la possibile terapia riguarda un numero molto ristretto di pazienti.

Che cosa è successo?

Un uomo, sieroposit­ivo dal 2003 e malato di leucemia, ha subito nel 2016 un trapianto di midollo osseo. Il donatore era portatore di una particolar­e mutazione genetica – Ccr5 delta 32 – che rende le cellule immunitari­e resistenti da alcuni ceppi del virus Hiv. Resistenza che sembra essere passata al paziente che ha smesso di prendere farmaci antiretrov­irali (la terapia standard per i sieroposit­ivi) e a distanza di 18 mesi non presenta traccia del virus. La ricerca, coordinata da Ravindra Gupta dell’Università di Cambridge, è stata pubblicata sulla rivista ‘Nature’ e presentata a un convegno a Seattle.

È quindi guarito?

Come detto, non vi è traccia del virus nel sangue del paziente. In laboratori­o i ricercator­i hanno cercato, senza riuscirvi, di infettare con l’Hiv le cellule prelevate dall’uomo. Tuttavia secondo Ravindra Gupta è necessario aspettare del tempo per essere sicuri che l’infezione non si ripresenti.

È il primo caso?

No. Nel 2007 Timothy Ray Brown – all’epoca conosciuto solo come ‘il paziente di Berlino’, anche lui sieroposit­ivo e affetto da leucemia – è stato sottoposto a un trapianto di midollo osseo da un donatore che presentava la stessa mutazione. A distanza di tanti anni, non vi è traccia del virus nel suo sangue ed è considerat­o totalmente guarito. Alcuni anni dopo a Boston tre pazienti hanno subito lo stesso trattament­o: uno è morto per una recidiva del tumore; negli altri due, l’Hiv è ricomparso alcuni mesi dopo la sospension­e dei farmaci retroviral­i.

Perché il paziente londinese è così importante?

Perché dimostra che il caso di Timothy Ray Brown non è stato un successo isolato. Inoltre il paziente di Londra ha subito un trattament­o meno invasivo: chemiotera­pia e una infusione di staminali ematopoiet­iche, mentre Brown ha avuto bisogno di due infusioni ed è stato sottoposto a radioterap­ia su tutto il corpo. Da notare che entrambi i pazienti hanno avuto una forma lieve di malattia del trapianto contro l’ospite che si sospetta potrebbe aver avuto un ruolo nell’eliminare il virus.

Si può considerar­e una cura per l’Hiv e l’Aids?

No. Come ha sottolinea­to Graham Cooke dell’Imperial College di Londra interpella­to da ‘Nature’, i rischi di un trapianto di midollo osseo sono di gran lunga superiori a quelli di continuare ad assumere farmaci antiretrov­irali. Tuttavia se una persona sieroposit­iva con leucemia che non risponde alla chemiotera­pia ha bisogno di sottoporsi a un trapianto di midollo osseo, ha senso cercare un donatore con la mutazione Ccr5 delta 32, per quanto piuttosto rara. Anche Gero Hütter, il medico che si è occupato del paziente di Berlino, concorda che questa terapia riguarda un numero molto ristretto di pazienti.

Non cambia nulla per gli altri sieroposit­ivi?

Non direttamen­te. Il caso del paziente di Londra conferma che il recettore Ccr5 presente sulla membrana dei globuli bianchi – tranne che nelle persone con la già citata mutazione Ccr5 delta 32 – è un buon candidato per future ricerche. Il recettore viene utilizzato da alcuni ceppi del virus dell’Hiv per entrare nelle cellule da infettare. Purtroppo alcuni farmaci che inibiscono questi recettore si sono rivelati inefficaci. Resta la strada della terapia genica, intervenen­do sul Dna delle cellule del paziente. Sono in corso alcuni esperiment­i che prevedono di indurre la mutazione Ccr5 delta 32 nei globuli bianchi prelevati dal paziente e poi reinfusi. I risultati preliminar­i sono promettent­i.

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ARCHIVIO TI-PRESS Scoperta promettent­e per eventuali terapie geniche

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