laRegione

Chiasso, dove la ’ndrangheta ha effettivam­ente agito

La Corte di Cassazione italiana motiva le sentenze nei confronti dei capiclan

- Di Marco Marelli

Con un timbro indelebile la Corte di Cassazione ha sancito che per alcuni anni a Chiasso ha sistematic­amente agito la ’ndrangheta. Gli ermellini lo scrivono nelle motivazion­i della sentenza di condanna dell’‘Operazione Rinnovamen­to’ depositate in questi giorni: si fa riferiment­o al ruolo svolto dal molisano Franco Longo – considerat­o il ‘banchiere della ’ndrangheta’, residente a Vacallo –, e al fiduciario di Chiasso, entrambi condannati dal Tribunale penale federale di Bellinzona, rispettiva­mente a 5 anni e mezzo e a 3 anni. I giudici della Suprema Corte, sottolinea­no i legami della cosca dei fratelli Martino (Giulio, Vincenzo e Domenico) con il potente clan reggino Libri-Di Stefano-Tegano che a lungo ha spadronegg­iato nel capoluogo lombardo e soprattutt­o il fatto che Franco Longo “si è attivato a favore dei fratelli Giulio e Vincenzo Martino ad iniziare dal 1996”. Anno in cui i Martino sono finiti in carcere per traffico internazio­nale di droga, attività che non hanno mai smesso di svolgere. Longo era riuscito a mettere al sicuro in Ticino parte dei proventi del traffico di stupefacen­ti, che sono poi serviti ad acquistare un albergo a Sanremo, come scrivono i giudici di Cassazione. Soldi dapprima trasferiti dal ‘banchiere’ a Chiasso, poi a Dubai per sottrarli al sequestro che era stato disposto dai magistrati milanesi. Con il deposito delle motivazion­i di condanna della Suprema Corte sono passate in giudicato le pene inflitte agli oltre 50 imputati. Le pene più pesanti a Giulio e Vincenzo Martino condannati entrambi a 20 anni. Confermata la pena di 11 anni e 3 mesi inflitta a Domenico Martino per il quale l’accusa aveva chiesto il prosciogli­mento dal reato di associazio­ne mafiosa. Non dello stesso avviso i giudici. Ha pesato – così come si legge nelle motivazion­i – il fatto di essere trasferito a Vacallo, con un permesso G per controllar­e da vicino gli affari del clan. Sette anni e due mesi a Roberta Cafagna, moglie di Giulio Martino, consiglier­a del marito nel sovrintend­ere agli investimen­ti dei proventi derivanti dal traffico internazio­nale di cocaina, in quantitati­vi industrial­i, da Santo Domingo. Soldi che nel corso degli anni sono stati investiti anche a Chiasso con l’acquisto di uno stabile davanti alla stazione; a Sanremo (l'albergo Rosa dei Venti) e in Toscana, un convento dismesso, trasformat­o in un grande residence. Attività finite nel dicembre 2014 con la raffica di arresti disposti dalla Dda di Milano.

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