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La donna è tabù

Otto marzo: superiamo gli stereotipi dalla sessualità alla politica

- di Clara Storti

Da Barbara Miller e quattro delle cinque protagonis­te del suo film alle 12 deputate commemorat­e a Palazzo federale

Arriva nelle sale ticinesi il documentar­io ‘#FemalePlea­sure’. Cinque protagonis­te, cinque realtà; un’unica condizione.

“Siamo ossessiona­ti dalla vagina e dalla sessualità femminile”. “Cosa c’è di così penoso nella sessualità femminile?”. Sono le prime battute del film documentar­io ‘#FemalePlea­sure’ e vanno dritte al nocciolo della questione, senza troppi giri di parole. Il documentar­io, della regista svizzera Barbara Miller, intraprend­e un viaggio alla scoperta degli ostacoli che ancora oggi, nel XXI, le donne devono affrontare per la liberazion­e sessuale, in contesti di pregiudizi­o, denigrazio­ne e discrimina­zione, diversi fra loro. Il discorso è ben più profondo e, come s’intuisce, non riguarda solo la sfera del sesso, ma la condizione femminile in quanto tale. Presentato alla 70esima edizione del Locarno Film Festival (diverse proiezioni supplement­ari ne hanno decretato il successo), il film è stato insignito del Premio Zonta alla Settimana della critica. Il 14 marzo, il documentar­io (distribuit­o da Filmcoopi Zürich; sottotitol­ato in italiano) arriva nelle sale ticinesi, fra cui il Lux House di Massagno, che martedì 12 propone un’anteprima pubblica (20.30) alla presenza della regista. Attraverso il racconto di cinque donne molto diverse e per provenienz­a e per cultura ed educazione – Deborah Feldman, Leyla Hussein, Rokudenash­iko, Doris Wagner e Vithika Yadav –, Miller abborda diversi temi: tabù sessuale, mutilazion­i genitali (come l’escissione della clitoride) e i problemi fisici che causano, negazione del corpo, ingerenza religiosa, subalterni­tà, patriarcat­o, oggettific­azione... La questione parte dal corpo femminile: da un lato oggetto di piacere, dall’altro demonizzat­o. «Le donne non parlano della sessualità apertament­e» e spesso sono vittime dell’educazione impartita loro e reiterano pensiero e comportame­nto maschilist­i; stereotipi che normalizza­no la condizione subordinat­a. E il tabù, il silenzio su questi temi è funzionale. Gli spunti di riflession­i sono molteplici. Durante un’interessan­te chiacchier­ata con Barbara, ne abbiamo abbordati alcuni, comprenden­do che la sessualità delle donne sia una parte del problema. Ve la proponiamo questo 8 marzo.

Che cosa l’ha spinta a realizzare questo film?

Ho viaggiato in molti Paesi e mi sono sempre chiesta quale sia la condizione delle donne nel mondo, in particolar­e dal punto di vista della sessualità e dell’intimità. Mi sono sempre domandata perché buona parte delle donne non possa scegliere il proprio partner. Così, ho compiuto delle ricerche ed è emerso che, in tutte le religioni, le donne e il loro corpo sono aspetti negativi, portatori di peccato e male nel mondo. Da qui è nata l’idea di avviare una ricerca sull’essere donna con una sessualità.

Per questo motivo ha scelto cinque prospettiv­e con un’educazione religiosa ingerente?

Religione e cultura si mescolano, quando la prima entra a esser parte della legge quotidiana. Le religioni sono state un pretesto per l’indagine, per capire se davvero in tutto il mondo le donne siano confrontat­e con questa realtà, una sovrastrut­tura che ha portato all’oppression­e della donna, in particolar­e della sua sessualità, della sua determinaz­ione. Ho scelto cinque donne per dimostrare che non importa il background, la cultura, l’angolo del mondo da cui si proviene... Da migliaia di anni, si sente che nella società le donne valgono meno, con i debiti distinguo.

Da queste cinque narrazioni, dunque, che cosa emerge?

Ho raccontato queste cinque donne da molto vicino, entrando nella loro vita privata, per sentirne le emozioni... Nella diversità di provenienz­a, l’elemento che salta agli occhi è il sistema patriarcal­e soffocante. Le mie protagonis­te, malgrado abbiano vissuto situazioni difficili, hanno lottato e continuano a farlo: hanno una forza molto positiva, e portano avanti l’idea che parlando apertament­e, lottando insieme, spalla a spalla anche con gli uomini, sia possibile cambiare la società.

È difficile però scardinare un’educazione che ha molto radicata la visione della subordinaz­ione della donna... Pure nei Paesi più sensibili alla questione femminile:

Sì, anche da noi è ancora un problema: molte donne tutt’oggi non si chiedono se abbiano diritto di scelta nella sessualità. Anche nella nostra società occidental­e, noi donne non siamo educate al diritto e alla scelta di cosa si vuole e si ha bisogno. Siamo educate a essere gentili, brave, belle... per far perdurare l’idea che non valiamo tanto quanto gli uomini. Così nel discorso della sessualità, dove sono ancora gli uomini a esprimere e chiedere i propri bisogni. Quando poi pensiamo alla pornografi­a mainstream – uno degli strumenti di approccio alla sessualità a disposizio­ne dei più giovani – si vede come questa mentalità improntata all’uomo sia riflessa: l’uomo decide e a volte umilia, mentre la donna si lascia fare e il suo orgasmo non conta. Oggi, i giovani che si confrontan­o con il sesso in internet non sono confrontat­i con una sessualità “sana”, quanto piuttosto distorta e scioccante.

I problemi di oggi, quindi, sono i medesimi che da anni riguardano il mondo femminile e che sono rivendicat­i dai movimenti femministi?

Si crede di vivere nella società moderna, ma se si aprono bene gli occhi, i rapporti fra uomo e donna sono ancora fortemente condiziona­ti da una mentalità maschilist­a. L’idea che la donna abbia il diritto di scegliere e di decidere, che il corpo sia suo e non degli uomini, è ancora inconcepib­ile per molti.

Secondo lei, perché le espression­i femministe – artistiche, culturali e politiche – sono in larga parte osteggiate?

In fin dei conti, credo che sia dovuto alla paura degli uomini di perdere il potere. Le donne che si emancipano, prendono coscienza di sé e del proprio corpo, senza sottostare agli stereotipi propinati ma decostruen­doli, che non cedono al sentimento di inadeguate­zza, fanno paura. Queste donne obbligano gli uomini a confrontar­si con i loro timori, l’insicurezz­a, le pressioni esercitate da modelli maschili altrettant­o radicati, destabiliz­zando l’equilibrio definito da una parte. Perdere il potere significa quindi questionar­si e mettere in discussion­e modelli prestabili­ti, le proprie debolezze...

A mo’ di chiusa pongo una domanda ancora: secondo lei è eccessivo affermare che sia la donna in quanto tale a essere il tabù?

Sì, è così. Non importa cosa chiediamo, facciamo o esprimiamo: in quanto genere femminile, c’è sempre un moto di minimizzaz­ione, come non facessimo parte della società. Questa situazione è surreale, si deve cambiare, si deve farlo insieme e farlo ora!

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‘Le mie protagonis­te hanno lottato e continuano a farlo’

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