Chi l’atomica, chi la fame
La produzione alimentare locale è ai minimi da dieci anni e le sanzioni ostacolano la distribuzione degli aiuti umanitari
New York – Sono quasi undici milioni i nordcoreani che soffrono di malnutrizione, e mancano di acqua potabile e cure sanitarie di base. Poco meno di quattro milioni quelli che hanno urgente necessità di aiuti “salva vita”. Il rapporto stilato Tapan Mishra, capo dell’ufficio delle Nazioni Unite in Corea del Nord è di una chiarezza che sembra non lasciare dubbi sullo stato in cui versa la metà della popolazione nordcoreana.
Reso pubblico – “opportunamente” – dopo l’incontro di Hanoi tra Donald Trump e Kim Jong-un (peraltro risoltosi in un fiasco), il documento afferma inoltre che “la diffusa malnutrizione minaccia un’intera generazione di bambini”, con una media di un quinto di minori affetti da rachitismo a causa della denutrizione cronica.
Kim sarà dunque riuscito a fare “innamorare” Trump (secondo le parole dello stesso concupito), ma non a sfamare i propri cittadini. Né ad assicurare loro la stessa sopravvivenza se, come afferma ancora il rapporto di Tapan Mishra, la grave malnutrizione minorile associata a un’assistenza sanitaria limitata e alla disponibilità di acqua potabile e di servizi igienici, espone i bambini al rischio di morire a causa di malattie altrimenti curabili. L’anno scorso, la missione di aiuti dell’Onu ha raggiunto a stento un terzo delle persone che ne avevano necessità. Un quadro reso ancora più drammatico dalla caduta della produzione alimentare locale. Nel 2018 il calo è stato del nove per cento rispetto all’anno precedente, toccando il minimo di produzione degli ultimi dieci anni.
In questo scenario, la politica ha una parte importante. Non solo per le ben note responsabilità “nucleari” del regime di Pyongyang, ma anche a causa dei disegni altrui e delle pressioni esercitate sul Paese, in forma di sanzioni economiche internazionali, delle quali Washington è l’alfiere.
A questo proposito, Tapan Mishra scrive: “benché le sanzioni del Consiglio di sicurezza esentino chiaramente le attività umanitarie, anche i programmi di massima urgenza continuano a essere ostacolati e a subire rinvii. Mentre restano le conseguenze non desiderate delle sanzioni, tali ritardi incidono pesantemente sugli aiuti che cerchiamo di assicurare a persone che ne hanno un bisogno disperato”.
Un concorso di azioni e omissioni che peggiorano le condizioni di vita dei nordcoreani, senza pregiudicare status e ambizioni del regime. Lo stesso piano di aiuti approvato dai Paesi membri dell’Onu è stato finanziato solo per il 24%, ridotto a uno dei più modesti programmi umanitari al mondo.