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Viste dall’alto.

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Sydney – Droni che spiano le balene per carpirne i segreti. È l’ultima frontiera della ricerca che sfrutta le tecnologie più avanzate per avvicinars­i senza essere visti alle specie in estinzione per studiare come questi grandi cetacei si nutrono e si muovono nelle acque dell’oceano.

A fare ricorso di droni ed ecoscandag­li per scoprire i misteri della balenotter­a azzurra (Balaenopte­ra musculus), una specie in pericolo che con oltre 33 metri di lunghezza e 180 tonnellate di peso è, in termini di massa, il più grande animale conosciuto mai vissuto sulla Terra, una squadra di 28 scienziati dell’Australian Antarctic Division che ha effettuato una spedizione di sette settimane a bordo della nave di ricerca RV Investigat­or.

“Sono uno strumento straordina­rio, abbiamo potuto raccoglier­e dati che non avremo potuto mai ottenere restando nella nave, o anche da un’imbarcazio­ne piccola che permettere­bbe di avvicinars­i di più”, ha detto all’emittente nazionale Abc lo scienziato capo della spedizione Mike Double.

“I droni – ha aggiunto – sono stati usati non solo per monitorare le balene, ma anche per misurare i cetacei e per prelevare campioni di acqua. Abbiamo potuto raccoglier­e filmati spettacola­ri. È una prospettiv­a che non avevamo mai avuto prima”. La squadra di ricerca ha anche usato più di 250 dispositiv­i di ascolto subacquei per monitorare i richiami potenti ma di bassissima frequenza dei grandi cetacei. La popolazion­e delle balenotter­e azzurre è arrivata fino a 360mila esemplari, ma si è ridotta drammatica­mente a causa della caccia industrial­e. Si stima che ne siano rimaste al massimo 7’000. Le spedizioni di questo genere sono lunghe e costose, ma sono vitali per comprender­e cosa stia avvenendo e per conservare le specie di balene in pericolo, ha detto ancora Double. “È anche un barometro di ciò che sta avvenendo nel resto del mondo: se non ci prendiamo cura di un ambiente così lontano da noi, che subisce in modo così evidente l’impatto del cambiament­o climatico, non possiamo occuparci di ciò che avviene più vicino a noi. E non è il tipo di ricerca che si possa condurre in laboratori­o. Non possiamo gestire l’Antartide se non lo comprendia­mo”, ha aggiunto.

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