Il buio in fondo al tunnel
Roma – “Non è che ci sia da aprire una crisi, la crisi è già aperta”. Alle cinque della sera, salta su questo sottosegretario Stefano Buffagni (5Stelle) e manda a pallino tutti il cicip-e-ciciap con cui Giuseppe Conte (special guest nel ruolo di presidente del Consiglio) aveva cercato, la sera prima, di dire che la Tav non si farà, ma non si può ancora dire; o che forse si farà, ma non si può dire neppure quello. Perché, ormai lo sanno anche i sassi già estratti dal primo tratto di tunnel scavato, sulla linea ad alta velocità Torino-Lione, il governo è spaccato (i grillini non la vogliono, la Lega sì), al punto che anche chi dovesse “vincere” si troverebbe con le terga per terra, avendo l’eventuale sconfitto già assicurato che lo pianterebbe in asso. Così, ieri si è visto un Luigi di Maio cantarle a Matteo Salvini, come mai era accaduto; e il secondo fare la parte del primo: “Col buonsenso si risolve tutto”. E spiegalo ai francesi. Entro lunedì devono essere pubblicati i bandi per l’assegnazione dei lavori. Qualcosa da due miliardi e 300 milioni. In caso di ritardo, la Commissione europea taglierebbe di 300 milioni di euro gli 813 della prima tranche di aiuti. In caso di annullamento definitivo, le penali a carico dell’Italia potrebbero arrivare a due miliardi, a cui si aggiungerebbero le spese per il ripristino delle aree di cantiere. Esponendo i ministri a possibili cause per danni erariali. Magari sarà questo a metterli d’accordo. Questo o lo studio riservato, elaborato su richiesta dell’Ue, le cui conclusioni – quanto a benefici economici, occupazionali e di riduzione del traffico – sono favorevoli a ’sta benedetta Tav. Studio alla cui elaborazione ha partecipato la società il cui presidente Marco Ponti è lo stesso che ha firmato la nota “analisi costibenefici” che invece la Tav bocciava. Non sarebbe più savio, o almeno onesto, dire sì se è sì, no se è no?