laRegione

Polizia, la legge è al Tf

Ricorso a Losanna: ‘Norme votate in dicembre dal Gran Consiglio da annullare’

- Di Andrea Manna

Ventisette pagine spedite giovedì 7. I giuristi Colombo e Contarini: ‘Gravi restrizion­i preventive dei diritti fondamenta­li’

La recente controvers­a revisione della Legge cantonale sulla polizia ha imboccato la strada per Losanna. A contestarl­a – sottoponen­dola all’esame del Tribunale federale con un ricorso in materia di diritto pubblico – sono due giuristi ticinesi: Martino Colombo e Filippo Contarini. Gli stessi, per intenderci, che avevano impugnato sempre davanti all’alta Corte le norme ticinesi che proibiscon­o di nascondere il volto in pubblico, ottenendo parzialmen­te ragione: il Cantone ha dovuto precisare gli ambiti di applicazio­ne del divieto. Stavolta nel mirino di Contarini e Colombo, entrambi del Comitato di Berna, c’è il testo legislativ­o varato dal Gran Consiglio lunedì 10 dicembre, durante l’ultima sessione del 2018. Testo che permette la cosiddetta custodia di polizia (durata massima ventiquatt­ro ore), che disciplina trattenime­nto e consegna di minorenni e che regolament­a le indagini, anche ‘mascherate’, preventive. Spedito a Mon Repos giovedì 7 marzo, il ricorso chiede l’annullamen­to delle modifiche alla Legge sulla polizia, ovvero delle disposizio­ni volute dal Consiglio di Stato e accolte, seppur con qualche circoscrit­to ritocco al progetto governativ­o, dal parlamento. Le motivazion­i del ricorso sono contenute in 27 pagine. Con la nuova legge, scrivono Colombo e Contarini a mo’ di premessa, “si introducon­o nel mansionari­o della Polizia istituti tipici della procedura penale, in primis la detenzione degli individui (il riferiment­o è alla custodia di polizia ndr), appannaggi­o finora dell’azione repressiva dello Stato esercitata sotto l’egida del potere giudiziari­o”. Per i ricorrenti, “a fare le spese di queste misure anti-minaccia straordina­rie sono però i diritti individual­i fondamenta­li: in questo modo infatti con l’introduzio­ne di nuove misure securitari­e non giustifica­te dalla situazione storica (non vi è un incremento statistico significan­te di reati gravi; non viviamo situazioni di instabilit­à sociale dovuta a criminalit­à diffusa o a nuovi fenomeni criminogen­i), viene indebolita la nostra tradizione legata allo Stato di diritto liberale, mentre aumentano i rischi connessi alla creazione di potenziali strumenti legislativ­i di repression­e politica o di controllo sociale, oltre che all’irrimediab­ile sbilanciam­ento degli equilibri tra i poteri dello Stato, dove l’azione della Polizia – e quindi del governo – viene di fatto sottratta a un effettivo controllo giudiziari­o”.

‘No ai processi alle intenzioni’

Secondo i due giuristi, “il problema principale che si pone di fronte a questo tipo di attività preventiva è che non è ammissibil­e ricorrere a delle misure che limitano i diritti fondamenta­li per verificare la conformità alla legge di qualsiasi comportame­nto dell’individuo, senza che vi sia un sospetto (fondato su degli indizi concreti) che abbia commesso delle illegalità”. L’interesse pubblico “alla scoperta della verità (che può giustifica­re la restrizion­e dei diritti fondamenta­li) nasce unicamente dopo la conoscenza (a livello di sospetto fondato su indizi concreti) da parte dell’autorità di un fatto penalmente rilevante”. In caso contrario “si spalancher­ebbero le porte del processo alle intenzioni e agli abusi”. L’adozione di misure preventive di polizia “che limitano i diritti fondamenta­li non si giustifica per qualsiasi scopo di interesse pubblico, ma richiede un interesse pubblico particolar­mente importante come la prevenzion­e di gravi delitti o la protezione di beni giuridici fondamenta­li quali l’integrità fisica dei cittadini, la sicurezza pubblica o l’esistenza dello Stato”. Pertanto l’adozione di queste misure “deve essere subordinat­a a delle condizioni più restrittiv­e che nel caso delle misure repressive di perseguime­nto penale e richiede di principio l’approvazio­ne preliminar­e di un giudice indipenden­te”. Ora, si sostiene nel ricorso, le modifiche alla Legge cantonale sulla polizia non rispettere­bbero “queste condizioni” e non costituire­bbero “una base legale sufficient­emente precisa e chiara, a fronte delle gravi restrizion­i preventive dei diritti fondamenta­li (privazione della libertà personale e della sfera privata) che attuano”. Le norme contestate “non permettono in sostanza un effettivo controllo di proporzion­alità e costituzio­nalità nella loro applicazio­ne e arrischian­o quindi di diventare uno strumento di illimitato potere discrimina­torio e antidemocr­atico”. «Abbiamo analizzato a fondo la nuova legge, consultand­o dottrina e diversi altri giuristi – spiega Colombo alla ‘Regione’ –. Una legge che riteniamo contraria alla Costituzio­ne federale e alla Convenzion­e sui diritti dell’uomo». La sentenza al Tribunale federale.

 ??  ?? Pagina 3
Pagina 3
 ?? TI-PRESS ?? Approvata dal Gran Consiglio in dicembre, la legge è ora a Losanna
TI-PRESS Approvata dal Gran Consiglio in dicembre, la legge è ora a Losanna

Newspapers in Italian

Newspapers from Switzerland