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Rancate? ‘Buona soluzione’

Per ora il Centro unico temporaneo per migranti non chiude. Non senza altre risposte valide

- Di Daniela Carugati

I numeri della struttura, aperta dall’1 settembre 2016, l’anno scorso sono cambiati. Ma anche le rotte migratorie potrebbero (ancora) mutare.

Da arrivi a decine e decine a poche unità: ora a Rancate si specchia una delle facce della migrazione che si muove dal sud al nord dell’Europa. Al Centro unico temporaneo che accoglie le persone destinate a essere riconsegna­te alle autorità italiane, nel corso del 2018 i numeri si sono, infatti, assottigli­ati. In tutto l’anno i migranti passati dalla struttura sono stati 2’193. Ovvero una cifra ben lontana dai quasi 11mila registrati nei primi 16 mesi di ‘vita’. E se il cambio di fronte è da ricondurre all’estate del 2017, dopo un’ulteriore annata di osservazio­ne del fenomeno, oggi il Cantone si sente di mettere in relazione “logica” gli sbarchi sulle coste del Mediterran­eo e gli approdi al confine con il Ticino: diminuiti i primi, sono calati pure i secondi. Lo dicono i dati. Come in flessione sono pure le spese della struttura, costata in sicurezza quasi 431mila franchi (scesi a 191mila circa, sottratto il contributo federale) e in gestione 230mila franchi. Alla politica del rigore applicata dal governo italiano ai porti e lungo le coste, a ridosso del confine verde e nelle retrovie rispondono i controlli “continui e regolari” messi in campo da Guardie di confine e Polizie cantonale e comunali a mo’ di deterrente. Il risultato agli occhi del Consiglio di Stato è evidente: la via ‘svizzera’, punto di passaggio verso il Nordeuropa, si è dimostrata “meno attrattiva”. Insomma, “per i migranti i rischi insiti nel tentativo di attraversa­re la frontiera sud della Confederaz­ione e le probabilit­à di insuccesso, sono quindi chiari e conosciuti – ribadisce l’autorità cantonale nel suo ultimo rapporto su Rancate –. È pertanto verosimile che queste persone abbiano prediletto varianti meno rischiose”. Viste le statistich­e e le nuove rotte dei flussi migratori, si potrebbe immaginare di archiviare un Centro temporaneo quale è quello di Rancate. Il Cantone, però – al pari della Confederaz­ione –, ci va più cauto. Tant’è che ha confermato la struttura sino a fine 2019, con un’opzione per il 2020, raccoglien­do peraltro pure il preavviso favorevole del Municipio di Mendrisio. Alla base, spiega lo stesso governo nel

suo documento, ci sono “attente valutazion­i della Confederaz­ione e analisi dell’evoluzione sui flussi migratori per il 2019”. In effetti, fa notare ancora il CdS, secondo la Segreteria di Stato per la migrazione (Sem), “sebbene il numero di entrate illegali sia sensibilme­nte diminuito, è prevedibil­e che i migranti continuino a usare la rotta sud-nord, cercando quindi il passaggio attraverso la Svizzera e in particolar­e il Ticino”. A dicembre è stato lo stesso Segretario generale della Sem Mario Gattiker a ricordare che “il potenziale migratorio verso l’Italia rimane elevato. In qualsiasi momento potrebbero verificars­i flussi migratori secondari verso nord”. Memori di quanto vissuto nella seconda metà del 2016,

dunque, il Cantone non può rinunciare a Rancate e alla possibilit­à che il Centro, modulare, offre di garantire un “alloggio dignitoso” a quanti, non volendo chiedere asilo, vanno riammessi in Italia, riservando spazi adeguati a donne sole, minori non accompagna­ti e famiglie.

In cerca di alternativ­e

Ecco che “optare per la chiusura del Centro di Rancate senza avere un’alternativ­a valida – insiste il Cantone – rappresent­erebbe una visione ingenua e semplicist­ica”. Ciò non toglie che da tempo si sta ragionando su possibili scelte diverse. Al momento il governo non si sbilancia più di tanto, riconferma­ndo come Dipartimen­to delle istituzion­i, d’intesa con Sem e Guardie, stiano cercando di individuar­e “soluzioni alternativ­e” e, al contempo, preparando “accordi specifici da poi sottoporre al vaglio dell’esecutivo cantonale”. Il che non potrà far a meno di soppesare le “ripercussi­oni pianificat­orie, edilizie, contrattua­li e finanziari­e”, ma dovrà pure “indicare la soluzione temporanea prevista sino alla messa in esercizio della struttura definitiva”. Di sicuro adesso si sa (e il Cantone lo ribadisce) che resterà l’esigenza di poter contare su una struttura “modulabile e adattabile alle differenti necessità”. E questo significa, come fa ben capire ancora l’esecutivo cantonale, che gli spazi dovranno poter essere utilizzati tanto dal Centro di competenza flussi migratori – dove operano Polizia cantonale e Guardie – che dalla Sem, nel caso in cui dovesse tornare a salire il numero di persone decise a chiedere asilo. Non a caso da un po’ si sta riflettend­o sulla riconversi­one dell’attuale Centro di registrazi­one e procedura di via Motta a Chiasso (posto accanto alla stazione ferroviari­a e vicino al valico di confine); certo una volta che il futuro Centro d’asilo federale di Pasture, fra Balerna e Novazzano, sarà pronto. I locali potrebbero prestarsi a fare posto e a raggruppar­e più procedure, fin dall’ingresso dei migranti su suolo svizzero. Ma qui la discussion­e si sposta pure sul piano federale.

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