La sussidiarietà passa. Con un voto Ppd in ritardo
A Peduzzi non funziona il tasto, si annuncia oltre il tempo utile, ma il parlamento vota per ritenere valida la sua scelta
Alla fine è mancato solo l’appello al Var. Un ‘ràllenti’ per capire se il granconsigliere Ppd Paolo Peduzzi abbia annunciato il mancato funzionamento del tasto di voto abbastanza presto perché la sua preferenza potesse essere considerata valida. Annuncio arrivato al banco della presidenza dopo i 15 secondi consentiti per esprimersi. Una questione tutt’altro che di lana caprina, visto che in quel momento la scelta tra i rapporti di maggioranza (relatori Franco Celio e Jacques Ducry, Plr) e di minoranza di Fabio Bacchetta-Cattori (Ppd) era in bilico: 40 voti per l’uno, 40 per l’altro. Il primo che invitava a bocciare l’introduzione del concetto di sussidiarietà nella Costituzione cantonale, il secondo a fare l’esatto contrario. Parità. E il voto di Peduzzi sospeso nell’aria a causa della tessera di voto mal posizionata. Dalla presidente del parlamento Pelin Kandemir-Bordoli l’annuncio: secondo la legge, visto il risultato in pari, si deve ripetere la votazione a giugno. Seduta sospesa per la pausa, riunione dell’Ufficio presidenziale e decisione formale a maggioranza: il voto di Peduzzi è arrivato troppo tardi. Ma dai banchi, il Ppd rilancia il tema: «Peduzzi non era al bar, era in aula, ha seguito tutto il dibattito e ha pure fatto capire come avrebbe votato. Non sarebbe giusto non tenerne conto», ha rimarcato il capogruppo Maurizio Agustoni. «Chiedo che il parlamento voti per ritenere valido o meno il voto di Peduzzi», ha aggiunto il presidente Ppd Fiorenzo Dadò, proponendo una mozione d’ordine. «La regola è sempre stata quella che i voti arrivati fuori tempo non siano considerati. È successo anche a me più volte», fa notare il Plr Walter Gianora. «Rivotare sarebbe illegale, perché è chiaro che in caso di parità si debba andare alla seduta successiva» ha incalzato la verde Michela Delcò Petralli. «Ma non stiamo rivotando, stiamo solo decidendo se il voto di Peduzzi è da ritenersi valido», ha chiosato Agustoni. «Peduzzi è scattato subito in piedi», ha aggiunto il deputato di Montagna Viva Germano Mattei. Seduta sospesa, consultazione dei giuristi in Ufficio presidenziale. Conclusione: «La quesitone (della richiesta di ritenere o meno valido un voto tramite mozione d’ordine, ndr) non è disciplinata dalla legge, per cui – vista le particolari circostanze – la proposta è ricevibile», annuncia Kandemir-Bordoli. Si vota: 41 sì da destra e Ppd, 15 no dai socialisti. Il Plr non vota: «Ritenevamo che si sarebbe dovuto accettare l’esito del voto, ma non volevamo protrarre uno spettacolo poco decoroso» commenta poco dopo Farinelli. Conclusione: la scelta di Peduzzi di bocciare il rapporto di maggioranza è da ritenersi valida, il rapporto di minoranza viene approvato per 41 voti contro 35, il parlamento vuole la sussidiarietà nella Costituzione e inaugura una nuova prassi, il voto sul voto in ritardo.