Il ‘bon ton’ della campagna
Candidati alle elezioni cantonali: dai consigli utili della guida Plr al supporto delle altre segreterie In casa socialista indicazioni solo per i candidati al Consiglio di Stato. Massima libertà per leghisti e pipidini.
Campagna elettorale senza limiti? Santini e volantini da distribuire e comizi da tenere sempre e ovunque? Oppure regole per limitare il raggio d’azione degli aspiranti consiglieri di Stato e degli aspiranti granconsiglieri affinché non compiano qualche passo inopportuno? Ci sono situazioni o luoghi dove sarebbe meglio astenersi dal fare propaganda? In altre parole, i partiti hanno un codice di comportamento per i candidati? Ogni partito fa a modo suo, tendenzialmente lasciando libertà a chi si propone sulla lista e offrendo supporto dietro le quinte. I più strutturati sono i liberali radicali, che oltre agli incontri ‘ad hoc’ con i responsabili del partito a vari livelli (distrettuale, sezionale ecc.) hanno trasmesso agli aspiranti diversa documentazione. Fra cui la guida ‘La campagna in tasca’, con consigli utili su come muoversi (o evitare di). Ad esempio sui social media: “Un post è per sempre. Pensa bene prima di pubblicare”. Oppure come presentarsi in pubblico: “Completo elegante? Non necessariamente”. Si incoraggia il candidato a essere il più possibile autentico: “Sii te stesso!”. Il ‘vademecum’ sembra utile, soprattutto per chi è «alla prima esperienza – evidenzia Andrea Nava, segretario del Plr –. Noi restiamo ovviamente a disposizione». Il caso del direttore-candidato del Centro professionale della Ssic (leggi sotto) è il primo caso delicato della campagna 2019. «Altri non ne sono emersi. C’è chi fa una buona campagna e spinge sul gas, creando una sana concorrenza elettorale anche all’interno della nostra lista. Concorrenza che giudichiamo positiva, se entro i termini corretti, poiché permette al partito di progredire». «Non abbiamo un decalogo o un elenco di regole scritte sul comportamento che i candidati devono tenere in campagna elettorale, anche perché confidiamo anzitutto nel buon senso dei candidati – afferma Andrea Censi, segretario della Lega –. Del resto quando candidiamo una persona è perché siamo convinti che è una persona valida e dunque che sa cosa si deve e non si deve fare, e cosa non è opportuno fare. Chi poi si candida per la prima volta è spesso seguito dalla sezione o da un candidato che non è alle prime armi, che può dargli consigli o indicazioni». Stessa musica in casa popolare democratica. «Non abbiamo e non diamo disposizioni ai nostri candidati – dice il segretario cantonale del Ppd Nicolò Parente –. Lasciamo tutto alla valutazione del singolo: a lui o a lei valutare se quello è un luogo o un gremio dove distribuire per esempio dei santini. Contiamo quindi sulla maturità di chi si candida. Facciamo grande affidamento sulle persone
che figurano nelle nostre liste». Anche fra i socialisti vi è molta libertà. «Diamo indicazioni ai candidati al Consiglio di Stato, mentre per i candidati al Gran Consiglio non abbiamo direttive particolari – annota Carmelo Diaz del Moral, segretario politico del Ps –. Avevo proposto di redigere una sorta di codice etico per l’attuale campagna, ma si è optato per dare libertà. Come segreteria restiamo a disposizione per qualsiasi necessità abbiano i candidati, con cui sono in contatto costantemente». Avete riscontrato problemi particolari o situazioni per cui si è reso necessario un intervento? «No, finora non è arrivato nulla di particolare per cui si è reso necessario richiamare qualcuno».