laRegione

Controprog­etto naufragato

I ‘senatori’ nemmeno sono entrati in materia sull’alternativ­a all’iniziativa ‘Per imprese responsabi­li’ Una risicata maggioranz­a di Plr, Ppd e Udc approva la proposta di Ruedi Noser (Plr). Prevalgono i timori per un’ondata di cause e gli effetti nefasti p

- Di Stefano Guerra da Palazzo federale

In teoria uno spiraglio resta: se il Nazionale manterrà in vita il suo controprog­etto indiretto all’iniziativa popolare ‘Per imprese responsabi­li’, la palla passerà di nuovo ai ‘senatori’. Ma dopo il dibattito di ieri, non si vede come in pochi mesi il Consiglio degli Stati possa tornare sulla decisione presa: no (scontato) all’iniziativa (25 voti a 14 e 3 astenuti) e niente controprog­etto (l’entrata in materia è stata bocciata per 22 voti a 20, contro il parere della commission­e preparator­ia). Tradotto: non ci dev’essere alcuna norma legale che possa essere invocata per chiamare le grandi imprese con sede in Svizzera a rispondere davanti a un tribunale elvetico delle violazioni dei diritti umani e delle norme ambientali commesse dalle loro filiali all’estero. Proprio questo voleva la Camera del popolo: creare una base legale, in modo da spingere i promotori dell’iniziativa a ritirare il loro testo, rinunciand­o – come si erano detti pronti a fare se il controprog­etto del Nazionale non fosse stato modificato in maniera sostanzial­e – a una modifica costituzio­nale la cui applicazio­ne richiedere­bbe tempi lunghi. Ma il timore di un’ondata di cause e di nuocere all’attrattiva della piazza economica ha spinto ieri una maggioranz­a dei ‘senatori’ a respingere una versione persino più blanda di un controprog­etto che neppure il Consiglio federale ha voluto. Anzi: a nemmeno voler entrare nel merito della controprop­osta, nei confronti della quale l’ex consiglier­e agli Stati Dick Marty aveva lasciato aperta una porticina (cfr. ‘laRegione’ dell’8 marzo). È stato Ruedi Noser (Plr/Zh) a invitare il plenum a non entrare in materia. A suo parere le disposizio­ni previste sono eccessive e costituisc­ono una minaccia per gli affari e la reputazion­e delle imprese svizzere. Il controprog­etto è figlio di una paura che non ha ragione d’essere: Noser è «convinto» che la popolazion­e dirà ‘no’ a quest’iniziativa «dannosa». Anche per Beat Vonlanthen (Ppd) «la paura è catti-

Noser (Plr, sopra) e Cramer (Verdi) faccia a faccia

va consiglier­a». Il friburghes­e, a lungo a favore di un controprog­etto, è giunto alla conclusion­e che questo spianerebb­e la strada a «un’ondata incontroll­ata di cause» e a «processi sensazione» contro imprese svizzere, la cui concorrenz­ialità sarebbe così messa a repentagli­o. È inutile elaborare leggi per «poche pecore nere». Quelle attuali bastano e avanzano: «Non c’è bisogno di prendere in ostaggio un’intera economia», ha aggiunto. La sinistra e un paio di ‘senatori’ popolari-democratic­i (Anne Seydoux-Christe, Stefan Engler; Filippo Lombardi ha votato per l’entrata in materia) hanno tentato invano di contrastar­e gli allarmi lanciati dai ranghi del Plr (assente Fabio Abate) e dello stesso Ppd. In particolar­e, hanno negato che il controprog­etto, se accolto, possa sfociare in una valanga di

denunce. Daniel Jositsch (Ps) ha puntualizz­ato: in gioco non vi è ‘l’economia’, ma grosse imprese straniere. Lo zurighese ha poi evocato le difficoltà che dovrebbero superare le Ong per promuovere una causa in Svizzera contro una multinazio­nale che può mettere in campo decine di avvocati. Sia Jositsch che Robert Cramer (Verdi/Ge) hanno quindi ricordato che aziende come Richemont e Caterpilla­r ci hanno chiesto di legiferare, proprio perché favorevoli ad avere regole chiare in materia. Solo Economiesu­isse, per cecità ideologica, nicchia. La consiglier­a federale Karin Keller-Sutter invece ha difeso la via scelta dal governo: quella dell’autoregola­mentazione. Anche perché le misure discusse, ha aggiunto, non sono state ancora definite sul piano internazio­nale.

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