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May dire Brexit

Nuova bocciatura ai Comuni per l’accordo negoziato con Bruxelles La prospettiv­a di un’uscita ‘no deal’ dall’Unione europea è ora più concreta. Londra tenterà di ottenere un rinvio da Bruxelles.

- Ansa/e.f.

Londra – Sedici giorni alla Brexit e nessuno sa come (e se) ci si arriverà. La nuova, scontata bocciatura ai Comuni dell’accordo parzialmen­te rinegoziat­o con Bruxelles per un’uscita concordata dall’Unione europea non riporta indietro l’orologio, ma lo proietta pericolosa­mente avanti, verso una separazion­e “no deal”. Quella che peraltro gli hard brexiteers auspicano. Il voto del parlamento londinese è giunto ieri sera, dopo 48 ore di trattative frenetiche, e vane, a questo punto. Anche la “concession­e” dei negoziator­i europei sul backstop (la clausola di garanzia del mantenimen­to post Brexit di una frontiera aperta fra Irlanda e Irlanda del Nord, nel rispetto dello storico trattato di pace del Venerdì Santo 1998) non è bastata a vincere i sospetti dei Tory più oltranzist­i né la tattica (miope) di Jeremy Corbyn che ha salutato l’umiliazion­e di May chiedendo elezioni anticipate. Neanche ci fosse tutto ’sto tempo. La mozione del governo ha raccolto solo 242 voti; 391 i contrari. Vana consolazio­ne l’incremento dei sì (in gennaio furono 230). A May non è bastato esibire i documenti “vincolanti”, ottenuti nell’ultima notte di negoziati con Jean-Claude Juncker, per allontanar­e i timori di molti – unionisti di Belfast soprattutt­o – su un futuro ingabbiame­nto britannico nel meccanismo del backstop. Rassicuraz­ioni il cui valore è stato decisament­e ridimensio­nato dal parere giuridico dello stesso attorney general del governo May Geoffrey Cox: pronto a certificar­ne la portata solo in termini di “riduzione del rischio legale” di un backstop a tempo indetermin­ato, non d’azzerament­o. Alla primo ministro non è rimasto che annunciare per oggi una nuova mozione che chiederà ai parlamenta­ri di esprimersi su una Brexit concordata con l’Ue o un no deal, anticipand­o che in ogni caso si renderà necessario negoziare con l’Unione un rinvio della separazion­e rispetto alla data del 29 marzo. La maggioranz­a per respingere lo sbocco di un traumatico no deal appare in effetti scontata: la stessa May ha fatto sapere che lascerà libertà di voto al gruppo Tory, ma voterà contro. Poi il tempo sarà scaduto per il parlamento in carica, chiamato o a subentrare al governo dando vita a una maggioranz­a alternativ­a che indichi una soluzione allo stallo (compreso un ipotetico nuovo referendum), o a riconoscer­e la propria incapacità e rinviare a elezioni anticipate. Prospettiv­a che non fa presagire nulla di buono al vicepresid­ente della Commission­e europea Jyrki Katainen: secondo cui la verità, da ieri sera, è che “una hard Brexit è di nuovo più vicina”. E sarà bene per tutti “allacciare le cinture”.

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KEYSTONE Tempesta sulla Manica

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