La cultura è diversità a Bellinzona
Le migrazioni da più prospettive con don Giusto della Valle, Paolo di Stefano e Sandro Cattacin
L’intento, come spiegato ieri dal municipale Roberto Malacrida, è quello di operare un cambio di passo nell’offerta culturale della Città. Se finora ci si è limitati a finanziare e sostenere le iniziative sottoposte da terzi, d’ora in avanti Bellinzona intende definirsi anche come «promotore culturale». Insomma, dal ruolo passivo di chi seleziona quanto ritenuto più meritevole di sostegno, a quello attivo di chi sceglie temi, percorsi, sguardi e voci più significativi, i filtri attraverso cui osservare e provare a comprendere il tempo in cui viviamo. Un nuovo slancio che a Bellinzona sta prendendo forma attraverso più iniziative, come il contenitore tematico ‘Don’t panic’, in cui convergono proiezioni di film, spettacoli teatrali e incontri di approfondimento. Un altro capitolo in questo percorso, presentato ieri, è la rassegna Cultura e Diversità, tre appuntamenti alle 18.30 a Castelgrande mercoledì 20 e 27 marzo e giovedì 4 aprile. Tre serate in cui approfondire il tema della “migrazione” da tre punti di vista distinti: “al fronte” con don Giusto della Valle e il regista Stefano Ferrari, “in letteratura” con Paolo Di Stefano e “in sociologia” con Sandro Cattacin (Università di Ginevra) e Marcello Maneri (Università Bicocca). Assediati come siamo da numeri e immagini, spesso inumani nella loro freddezza, uno degli obiettivi del ciclo d’incontri è quello di rimettere al centro dell’attenzione la «dimensione umana di un fenomeno che caratterizza il nostro tempo», come detto da Andrea Ghiringhelli, membro della Commissione Culturale della Città. Attraverso don Giusto e i volontari nella sua parrocchia di Rebbio, fra cui diversi ticinesi, «si possono guardare negli occhi i migranti, rispondere alla domanda chi sono?». Paolo Di Stefano, giornalista e scrittore, condividerà la sua esperienza di narratore che più volte ha affrontato il tema della migrazione per povertà: quella degli italiani, come in ‘La Catastròfa’, in cui ha raccontato la strage di minatori di Marcinelle nel 1956; quella africana in Italia, in due romanzi per ragazzi, ‘I pesci devono nuotare’ (2016) e ‘Sekù non ha paura’ (2018). Per finire, con i due sociologi si tornerà alle immagini (dei media) e ai numeri, intesi non come strumento di confusione o di volgarizzazione, ma di comprensione della realtà. E dunque: siamo di fronte a un’invasione? CLO