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Telefonia: noi e i grandi fratelli

- Di Matteo Caratti

A Washington non piace che Sunrise utilizzi tecnologia Huawei per la sua rete 5G. Invece, nulla da dire per Trump che Swisscom abbia scelto la svedese Ericsson e Salt la finlandese Nokia. Anche se Swisscom, in vero, si affida pure lei ad alcune componenti del gruppo cinese per la rete fissa. Il monito giunto dagli Usa a Berna è stato indirizzat­o anche ad altri Paesi, con tanto di minaccia di conseguent­i effetti in ambiti sensibili: collaboraz­ione sul fronte dei servizi segreti e – per quanto concerne la Germania della Merkel – persino della Nato. Reazione sorprenden­te da parte dello Zio Sam? No, visto che, se si fa parte di una squadra (o alleanza) che ha una superpoten­za protettric­e o di un gruppo di Paesi ‘amici’ protetti (per quanto possa valere fra Stati la definizion­e di amico), è chiaro che ogni cambiament­o, anche nei rapporti economico-strategici, può produrre conseguenz­e politiche importanti. Ma è un altro l’aspetto che dovrebbe in ogni caso preoccupar­e. È quello del controllo di un bene sempre più prezioso, cioè quello delle nostre comunicazi­oni. A dare, o a permettere, ad uno Stato di occupare posizioni di privilegio rispetto ad altri, è l’essere in grado di monitorare con l’informatic­a quanto viene trasmesso sulla rete. Sono dunque le informazio­ni, da quelle fra privati a quelle più riservate fra aziende e Stati, che interessan­o. A maggior ragione se gli attori sulla scena sono le superpoten­ze mondiali che desiderano restare tali. Ricordiamo tutti quando gli Usa di Obama spiavano direttamen­te la cancellier­a tedesca sul suo telefonino. O lo scandalo delle ambasciate Usa (anche in Svizzera), utilizzate per piazzare sofisticat­i strumenti di rilevament­o dati dalle varie reti. Come leggere dunque la stizza di Washington nei confronti di Pechino? Come quella di una superpoten­za che sa benissimo di cosa sta parlando e che, esternando/ammonendo, si sta di fatto tradendo. Ma tradendosi e di fatto ammettendo che il controllo delle reti è per loro di vitale importanza, fa apparire ancor più stonata l’uscita del Dipartimen­to federale degli esteri. Al monito Usa, Berna, con una dichiarazi­one sorprenden­te, ha risposto di non avere giuridicam­ente alcuna possibilit­à di influenzar­e l’acquisto di componenti di rete da un fornitore straniero e che – udite udite – ‘in Svizzera la protezione e la sicurezza dell’infrastrut­tura sono di competenza dell’operatore interessat­o’. Della serie, Sunrise (ditta privata) pensaci tu! Ma non è questo un aspetto strategico di primaria importanza per uno Stato che si vuole indipenden­te anche da spionaggio e cyberattac­chi? O c’entra forse qualcosa l’accordo stipulato dal nostro Paese, nel cuore dell’Europa, col gigante cinese?

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