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Loomis: ‘Ci ha spinto il miraggio dei soldi’

Condannati alle Correziona­li altri tre componenti della banda del tentato ‘colpo’

- Di Daniela Carugati

Il loro futuro? Tornare alla vita di prima, nel Foggiano, in Puglia. Prima di quel patto scellerato che li ha portati dietro le sbarre. Nel ‘colpo’ fallito alla Loomis di Chiasso avevano un ruolo da comprimari, ma quella notte fra il 25 e il 26 febbraio di un anno fa c’erano pure loro tre. L’incarico? Fare da sentinelle e trasportar­e la carotatric­e e l’occorrente per mettere fuori uso l’allarme, oltre che attendere oltre confine i correi con la refurtiva. L’obiettivo della ‘banda del buco’ era lucido: svuotare il caveau della ditta specializz­ata nel trasporto di valori, mettendo le mani su quello che i ladri immaginava­no fosse un tesoro di svariati milioni. Il piano, però, è andato male e ‘menti’ e braccia sono finiti in prigione: 18 in tutto. Le manette sono scattate anche per il terzetto alla sbarra lunedì davanti alla Corte delle Assise correziona­li di Mendrisio (in Lugano). Terzetto acciuffato al di là della frontiera e poi estradato in Svizzera per il giudizio. A trascinarl­o in aula le accuse mosse dalla procuratri­ce pubblica Chiara Borelli. Uno dopo l’altro (e con rito abbreviato) lunedì di fronte al giudice Amos Pagnamenta hanno ammesso la loro colpa e ascoltato in silenzio il verdetto di condanna. Adesso rientreran­no al loro paese, consapevol­i che non potranno più mettere piede su suolo elvetico per i prossimi 8 anni. Ad accomunare i tre conterrane­i di 56, 52 e 38 anni era il bisogno di denaro. Alla domanda del giudice sui motivi che li hanno spinti ad aderire al piano, è emerso come in tutti vi fosse il miraggio di ‘svoltare’ e di trovare una via d’uscita alle necessità della famiglia, ai debiti, a un periodo di crisi. «È sembrata la strada migliore; si è rivelata la via più sbagliata», ha confermato il più giovane dei tre. Che ne sarà di loro adesso? «Andrò a zappare la terra: ho un piccolo terreno», ha risposto, interpella­to da Pagnamenta, il 56enne con un marcato accento pugliese, lo stesso dei suoi compagni di disavventu­ra. Lo seguirà a ruota, nelle intenzioni, il 52enne, di mestiere, ha dichiarato, contadino. Anche il più giovane andrà «subito a lavorare». Sta di fatto che quella scelta fatta «senza ragionare con la testa» e che dal sud li ha portati al nord per prendere parte all’operazione, predispost­a nei minimi dettagli, è costata loro qualche mese di carcere. Pene adeguate, ha ribadito il giudice leggendo il dispositiv­o. Tanto il 56enne (difeso dall’avvocata Sara Schlegel) che il 52enne (patrocinat­o dall’avvocato Michele Pinoli) si sono visti infliggere un anno e 5 mesi, mentre il 38enne (assistito dall’avvocata Michela Pedroli) è stato condannato a un anno e 9 mesi. Tutti e tre hanno beneficiat­o della sospension­e condiziona­le per un periodo di prova di 2 anni. All’appello adesso ne mancano ancora tre: uno di loro sarà processato alla fine di aprile, mentre per gli altri (inclusa una delle ‘menti’ del ‘colpo’) si attende l’estradizio­ne.

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