Come fermare l’odio diffuso
Il progresso economico e sociale della società e del mondo di oggi è minato alle basi da una crisi economica e sociale ben più profonda e radicata, che è un po’ anche causata da una scarsa sensibilità del nostro mondo politico nell’essere vicino ai cittadini senza fare differenze ma in modo egualitario. Gli immigrati sono diventati il bersaglio di un odio immotivato, che vede lo straniero responsabile di tutto ciò che è brutto e cattivo. Questo è un sentimento vivo anche nei singoli paesi, che mettono in secondo piano le riforme e il sostegno agli immigrati. Così il sostegno, l’asilo politico, l’accoglienza e la possibilità per questi di lavorare, genera odio e rancore anche da parte dei cittadini del luogo, un tempo più disponibili all’integrazione. I cittadini si sentono abbandonati e sono delusi dalla politica, gli immigrati e i clandestini, che vivono nel paese con privilegi che i cittadini residenti si sognano, diventano capro espiatorio.
Segue da pagina 15 (...) Inoltre, le notizie di stranieri che uccidono, rubano, violentano e compiono crimini nel nostro paese non mancano. Certamente gli immigrati devono darsi ancora più da fare per dimostrare di essere persone attive e ben integrate, che rispettano le regole di comportamento e le regole del vivere comune vigenti in Svizzera e che rispettano le istituzioni. Questa è una storia che si ripete: l’immigrato e il nero sono visti come il nemico da combattere, sono stati oggetto in passato di quest’odio anche gli europei, che hanno lasciato l’Europa per lavorare all’estero. In una raccomandazione del Consiglio d’Europa il discorso dell’odio è stato definito come l’istigazione, la promozione o l’incitamento alla denigrazione, all’odio o alla diffamazione nei confronti di una persona o di un gruppo di persone; o il fatto di sottoporre a soprusi, molestie, insulti, stereotipi negativi, stigmatizzazione o minacce tale persona/gruppo. Chiunque può diventare oggetto di questa forma di odio e per motivi futili. Ma se si appartiene a particolari gruppi sociali, se si condividono caratteri somatici o culturali minoritari nella società in cui si vive, si può essere oggetto di insulto, denigrazione e incitamento all’odio solo per questo, a prescindere da ciò che si è, si è fatto e si fa. In questi casi il discorso dell’odio si innesta spesso su fenomeni di stereotipi e discriminazione. Nella nostra società il linguaggio dell’odio non si affida più solo alla comunicazione faccia a faccia o tramite la stampa. Trova un potente mezzo di diffusione sui social media, caricandosi di una forza distruttiva troppo spesso fuori controllo. Nelle sue raccomandazioni la Commissione insiste sull’azione di autocontrollo che dovrebbero esercitare i media rispetto al linguaggio che utilizzano e alla qualità dell’informazione. Lo stesso autocontrollo dovrebbe essere esercitato da chi ha un ruolo pubblico, a cominciare dai politici. Altrettanto, se non più importante, è l’opera di formazione che dovrebbe essere promossa dalle scuole, per educare al rispetto degli altri nelle loro molteplici diversità e all’uso critico delle informazioni e degli strumenti di comunicazione. Sono necessarie anche norme punitive per chi incita all’odio e al dileggio. Ma senza una azione di prevenzione rischiano di rimanere inefficaci.