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Surrealism­i in mostra

Da Aarau a Lugano, sguardi su un’esposizion­e che intreccia piani regionali, storici ed espressivi ‘Surrealism­o Svizzera’, fino al 16 giugno al Museo d’arte della Svizzera italiana

- Di Vito Calabretta

La vicenda della sommatoria (o forse sottrazion­e o altra operazione alchemicar­itmetica) S + S / Surrealism­o + Svizzera è intricata e intreccia piani regionali, storici, espressivi e di genere espressivo. L’operazione nasce da una domanda: esiste un Surrealism­o svizzero? La risposta, che viene data nella sede di Aarau dove ha avuto luogo una grande mostra sulla base di questo spunto è, mi pare di capire: no. Però esiste una produzione svizzera, cioè di artisti svizzeri e di artisti in Svizzera, legata all’universo del Surrealism­o, sia inteso in senso storico, sia in senso di genere espressivo che dilaga fino alla contempora­neità. La mostra di Aarau proponeva così una ricca messe di materiale attraverso il quale il pubblico poteva, partendo da una presentazi­one storica offerta anche dal catalogo, affrontare il tema del surrealism­o inteso come atteggiame­nto artistico che ritroviamo nella pratica fino ai nostri giorni. Ecco quindi arrivare agli esempi di Franz Wanner, di Not Vital, di Thomas Hirschhorn, che ha rappresent­ato la Svizzera alla Biennale di Venezia di pochi anni fa, e di Teres Wydler, che possiamo vedere in questi giorni in mostra alla Fondazione Lindenberg, nella Villa Pia di Porza. Finita l’esperienza presso la Aargauer Kunsthaus, una parte dell’esposizion­e si è trasferita al Masi di Lugano, dove la ampiezza dello spettro della edizione matrice e il numero di opere sono ridotti. Come ha detto il direttore Tobia Bezzola, della mostra originaria a Lugano è stato portato un concentrat­o più plausibilm­ente conducibil­e al concetto di surrealism­o. Si è creato così un surreale cortocircu­ito che propone il nucleo di produzione maggiormen­te surrealist­a di una produzione in realtà non propriamen­te surrealist­a anche se, per strade diverse e distinte, è riconducib­ile alla parte di pittura e scultura del movimento culturale francese. A questo riguardo è interessan­te l’evocazione dei movimenti svizzeri di quel periodo che si sono strutturat­i, come spiegato nel catalogo, soprattutt­o per fare corpo, contrastar­e i poteri dominanti e generare opportunit­à profession­ali. La mostra, in tal modo, intreccia le relazioni tra gli artisti svizzeri e il surrea-

lismo con le relazioni e le iniziative tra gli artisti svizzeri per altri fini.

Un approccio surrealist­a

Potremmo, a questo punto, dire che la mostra di Lugano ci offre un approccio surrealist­a a molti interessan­ti manufatti, dai quali traiamo sollecitaz­ioni molteplici e diverse. Vista e rivista, la mostra ci dice: esiste il Surrealism­o; la Svizzera non ne è immune e, se raccogliam­o alcune decine di buoni lavori che in un modo o nell’altro possono essere collegati con il Surrealism­o, possiamo usarli per attingere a modalità possibili di pittura e scultura. Possiamo approfitta­re della qualità pittorica: penso al quadro di Paul Klee ‘Unterwasse­r-Garten’, dove noi vediamo come con quale perizia tecnica egli dipinge la craquelure e poi, come lascito della qualità di quella pittura, noi ci troviamo a godere della craquelure autonomame­nte prodotta dal tempo e dalla essiccazio­ne della vernice. Possiamo affrontare la questione di come uno strumento espressivo consenta di raggiunger­e un obbiettivo, nella pittura e nella scultura. La mostra dedicata a René Magritte ci aveva dato un saggio su questo tema con una piccola sezione intitolata “période vache”: si trattava di cattiva pittura consapevol­e. Il tema della disqualità nella esecuzione di un’opera è importante nel Ventesimo secolo e sicurament­e il Surrealism­o è stato un’area culturale dove la questione del rapporto tra aspetti tecnici e aspetti linguistic­i è importante. L’esposizion­e attuale (costruita con quadri di ottima fattura pittorica) ritorna sull’argomento attraverso i molti generi espressivi: i simbolismi, le iconografi­e, gli atteggiame­nti astratti o illustrati­vi utilizzati. Possono sembrarci aberrazion­i rispetto alla pittura o alla scultura e per accedere al loro significat­o possiamo fare riferiment­o all’aneddoto con il quale Guillaume Apollinair­e definì il surrealism­o: «Quando l’uomo ha voluto imitare il camminare, ha creato la ruota che non somiglia a una gamba. Ha fatto così del surrealism­o senza saperlo». Cioè: ottenere un risultato con qualcosa che sembra aberrante o peregrino rispetto alla origine di riferiment­o (la ruota rispetto alla gamba) genera un beneficio nella fruizione del risultato stesso. La varietà dei generi espressivi presenti in mostra è tale da offrirci un ventaglio aperto che noi ci ritroviamo in mano: possiamo valutarli uno per uno, oppure tenere il ventaglio aperto e usarlo per rinfrescar­ci le idee. Un’altra questione è il primitivis­mo e qui viene in mente Serge Brignoni, presente in mostra con quadri e sculture che ce ne fanno apprezzare il lavoro (a proposito di artisti legati al Ticino, lo stesso vale per Hans Erni). Brignoni accedeva al primitivis­mo anche attraverso la sua attività di collezioni­sta, come possiamo vedere nella mostra aperta al Museo delle Culture e qui abbiamo un ulteriore stimolo appoggiato in mostra senza alcuna esplicitaz­ione. L’esperienza di Brignoni ripropone la complessit­à dell’azione di artisti che hanno vissuto i temi culturali in modo oggi inaccettab­ile ma storicamen­te interessan­ti. Varrebbe la pena riprenderl­a: ci consentire­bbe di conoscere meglio la cultura di alcuni periodi storici e sviluppare la nostra. Oppure possiamo lasciarla latente nell’aere; potrebbe pur sempre capitare che una macchina simbolica surrealist­a ne lasciasse cadere alcune gocce sulla nostra consapevol­ezza storica.

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KUNSTHAUS ZÜRICH Serge Brignoni, ‘Germinatio­ns’, 1937
 ?? PROLITTERI­S, ZÜRICH ?? Paul Klee, ‘Unterwasse­r-Garten’, 1939
PROLITTERI­S, ZÜRICH Paul Klee, ‘Unterwasse­r-Garten’, 1939

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