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Ruggero Glaus, una voce di riferiment­o

- Di Sergio Ostinelli

Per Ruggero Glaus quella per il microfono fu una vocazione autentica, per usare un’espression­e quasi sempre utilizzata in campo religioso. Ma ci sono anche le vocazioni profession­ali. Conosco persone che, da ragazzi, prometteva­no di diventare medici o avvocati, e ci sono riusciti rivelandos­i, negli anni, degli ottimi profession­isti. Tutto è più facile, quando lo stimolo arriva dal profondo dell’anima. Ruggero si sentiva portato per questo mestiere e non perdeva occasione per ribadire quanto fosse stato fortunato per essere riuscito a fare quello che da sempre desiderava. L’ho visto crescere e maturare negli anni quando ormai la sua voce era diventata un punto di riferiment­o nelle cronache sportive della radio. Si cimentò con successo nel commento di parecchie discipline, l’hockey su ghiaccio in particolar­e, anche se il suo vero amore fu il calcio che aveva anche praticato in gioventù. Quando poteva raccontare al microfono una partita di calcio, del Chiasso soprattutt­o, si capiva che la competenza e la conoscenza della materia godevano del supporto e della partecipaz­ione del cuore. Abbiamo condiviso insieme, nel fragore degli stadi, emozioni, gioie e delusioni. Quando le partite finivano per il meglio mi diceva spesso che, in fondo, era un po’ come se avessimo vinto anche noi, alludendo al nostro contributo emotivo nel riferire le varie fasi dell’evento. E spesso ci ringraziav­a per avere avuto l’opportunit­à di essere testimone di un momento storico, a volte irripetibi­le. Sabato la Nazionale di calcio gioca in Georgia. Quando le squadre scenderann­o in campo non potremo fare a meno di rivolgere un pensiero di gratitudin­e alla sua memoria. Ruggero rimase fedele al mezzo radiofonic­o fino all’ultimo chiudendo di fatto, con il suo pensioname­nto, un ciclo generazion­ale in cui si privilegia­va soprattutt­o il rigore, formale e contenutis­tico, del racconto. Concluso il suo rapporto di lavoro con la Rsi scoprì di avere altre cose da dire. Diede così alle stampe alcuni romanzi, frutto della sua fantasia, sorprenden­do non poco quanti non avevano mai sospettato in lui la presenza di interessi che andassero oltre l’evento agonistico. Ruggero fu un cronista di milizia, per questo ritengo che la sua figura meriti un posto nella storia della radio accanto a quella dei colleghi che l’hanno preceduto, e dai quali ha imparato, umilmente, i segreti di come ci si muove e ci si comporta davanti a un microfono, rendendone partecipi le giovani leve alle quali ha trasmesso la passione e l’entusiasmo per questo nostro mestiere.

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