Ruggero Glaus, una voce di riferimento
Per Ruggero Glaus quella per il microfono fu una vocazione autentica, per usare un’espressione quasi sempre utilizzata in campo religioso. Ma ci sono anche le vocazioni professionali. Conosco persone che, da ragazzi, promettevano di diventare medici o avvocati, e ci sono riusciti rivelandosi, negli anni, degli ottimi professionisti. Tutto è più facile, quando lo stimolo arriva dal profondo dell’anima. Ruggero si sentiva portato per questo mestiere e non perdeva occasione per ribadire quanto fosse stato fortunato per essere riuscito a fare quello che da sempre desiderava. L’ho visto crescere e maturare negli anni quando ormai la sua voce era diventata un punto di riferimento nelle cronache sportive della radio. Si cimentò con successo nel commento di parecchie discipline, l’hockey su ghiaccio in particolare, anche se il suo vero amore fu il calcio che aveva anche praticato in gioventù. Quando poteva raccontare al microfono una partita di calcio, del Chiasso soprattutto, si capiva che la competenza e la conoscenza della materia godevano del supporto e della partecipazione del cuore. Abbiamo condiviso insieme, nel fragore degli stadi, emozioni, gioie e delusioni. Quando le partite finivano per il meglio mi diceva spesso che, in fondo, era un po’ come se avessimo vinto anche noi, alludendo al nostro contributo emotivo nel riferire le varie fasi dell’evento. E spesso ci ringraziava per avere avuto l’opportunità di essere testimone di un momento storico, a volte irripetibile. Sabato la Nazionale di calcio gioca in Georgia. Quando le squadre scenderanno in campo non potremo fare a meno di rivolgere un pensiero di gratitudine alla sua memoria. Ruggero rimase fedele al mezzo radiofonico fino all’ultimo chiudendo di fatto, con il suo pensionamento, un ciclo generazionale in cui si privilegiava soprattutto il rigore, formale e contenutistico, del racconto. Concluso il suo rapporto di lavoro con la Rsi scoprì di avere altre cose da dire. Diede così alle stampe alcuni romanzi, frutto della sua fantasia, sorprendendo non poco quanti non avevano mai sospettato in lui la presenza di interessi che andassero oltre l’evento agonistico. Ruggero fu un cronista di milizia, per questo ritengo che la sua figura meriti un posto nella storia della radio accanto a quella dei colleghi che l’hanno preceduto, e dai quali ha imparato, umilmente, i segreti di come ci si muove e ci si comporta davanti a un microfono, rendendone partecipi le giovani leve alle quali ha trasmesso la passione e l’entusiasmo per questo nostro mestiere.