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Dal tribunale alla cultura

Dalla presidenza del Tribunale di Milano a quella di Brera e dello spazio teatrale No’hma Ospite lunedì del Liceo di Lugano 2, l’ex magistrata si occupa ‘di arte, di spettacolo, di bellezza, di armonia, di visioni del futuro’. Con, al cuore, il rispetto p

- Di Ivo Silvestro

‘Un’utopia: rendere il teatro fruibile per tutti’. Con determinaz­ione e passione, Livia Pomodoro, ex presidente del Tribunale di Milano, racconta la sua nuova vita per l’arte.

Entrata in magistratu­ra nel 1965, Livia Pomodoro ha ricoperto negli anni incarichi importanti e prestigios­i: capo di gabinetto del ministro di Giustizia, presidente del Tribunale per i minorenni di Milano e poi del Tribunale di Milano. E, adesso, una seconda vita, incentrata sull’arte e il teatro: quale figura migliore per il ciclo di incontri del Liceo di Lugano 2 dedicato alle figure femminili? Lunedì alle 20.30 Livia Pomodoro dialogherà con Agnese Balestra-Bianchi alla biblioteca del liceo.

Livia Pomodoro, come mai questo passaggio, dalla giustizia al teatro?

Sono approdata allo spazio teatro No’hma quando è mancata mia sorella, la mia gemella Teresa che era drammaturg­a, attrice, regista e l’anima di questo straordina­rio teatro che inseguiva, e insegue tutt’ora, un’utopia: rendere l’arte e il teatro fruibili per tutti.

Cosa intende con ‘per tutti’?

Lo spazio teatro No’hma è uno spazio onlus, per cui non si paga il biglietto per entrare. Abbiamo spettacoli tutte le settimane, con una presenza media di ingressi intorno ai 450-500 persone per sera. Un grande successo – ma soprattutt­o, un successo per tutti, non solo per chi se lo può permettere.

Qual è l’idea di teatro che c’è dietro? Insomma, perché il teatro deve essere per tutti?

Perché l’arte deve essere per tutti: ogni manifestaz­ione di bellezza e di armonia, artistica e di ogni tipo, deve essere fruibile da ognuno, non solo da chi ha i soldi e può permetters­i di pagare il biglietto.

Ma le spese? Attori, tecnici sono tutti profession­isti che vanno pagati…

Ma lo chieda con parole semplici: lei vuole sapere come ci finanziamo.

Sì, perché chi ci mette i soldi potrebbe imporre determinat­e scelte…

Ma non c’è un solo soggetto: nel nostro caso abbiamo imprese, fondazioni, istituzion­i che riconoscon­o la bontà di questo percorso straordina­rio. Su questo abbiamo una grande possibilit­à di convogliar­e gli interessi di coloro che vogliono aiutare l’arte a uscire da stretti recinti e camminare in praterie più vaste. E quindi abbiamo i nostri sponsor, mecenati pubblici e privati che credono in noi.

Mi permetta di insistere: eventuali pressioni dai finanziato­ri per toccare, o non toccare, determinat­i temi?

Questo è un teatro libero e indipenden­te. Se lei proponesse qualcosa che non è in linea con quell’assoluta libertà di pensiero che fa la forza di chi è capace di vedere il futuro, io la metterei immediatam­ente alla porta.

Lei è inoltre presidente dell’Accademia di belle arti di Brera…

È un’altra storia. L’accademia di Brera è un ‘brand’ straordina­rio; è un’istituzion­e pubblica con tutte le caratteris­tiche delle scuole e delle università pubbliche.

Ma anche qui avrà portato questa sua visione di arte per tutti?

Certamente. Io appartengo a una famiglia di artisti: i miei cugini scultori (Giò e Arnaldo, ndr), mia sorella attrice, drammaturg­a e regista… qualcuno, scherzando, ha detto che sono sempre stata un’intellettu­ale prestata alla giustizia. Adesso non mi occupo più di giustizia, ma di arte, di spettacolo, di bellezza, di armonia, di visioni del futuro. Sono nel mio mondo.

Un mondo dove la cultura è libera e,

mi pare di capire, rende liberi.

È così: la cultura e, prima ancora, la conoscenza. Oggi il mondo è appannaggi­o degli ignoranti e avere conoscenza, avere esperienza di bellezza è un modo per essere liberi in un mondo costretto dagli stereotipi e dalle ipocrisie.

Ma rispetto alla magistratu­ra, c’è una cesura o gli ideali erano gli stessi?

Io ho sempre vissuto la mia attività giudiziari­a, fino alle prestigios­e presidenze che ho avuto, come un dovere di grande responsabi­lità etica e civica. Così l’ho vissuta ma, adesso che sono in pensione, penso di portare una parte di quella esperienza in questo mondo fantastico dell’Accademia, in questo mondo fantastico dello spazio No’hma, in tutti i mondi dell’arte in cui mi misuro.

Tra le presidenze, anche quella del Tribunale per i minorenni. Un settore delicato…

Certamente: sono stata presidente per 15 anni, ho acquisito conoscenze straordina­rie, ho incontrato persone straordina­rie… Sono stati la mia esperienza più viva e forte, perché le persone non si scindono a pezzetti, dentro ognuno di noi ci sono le esperienze, dentro di me c’è tutto il mio passato, tutto il mio presente e, spero, anche tutto il mio futuro.

Ecco: come vede il futuro?

Il futuro al quale penso è un futuro di sempre maggiore disseminaz­ione di stimoli culturali e di conoscenze sempre più raffinate nel mondo dell’arte. E questo vale per il teatro come per l’Accademia di Brera.

L’impression­e, però, è di una sempre maggiore chiusura, sia a livello politico sia sociale.

Tutto va contestual­izzato, ci sono ambienti più sensibili e ambienti meno sensibili ma devo dire che avermi permesso di realizzare a Milano il campus delle arti come ampliament­o dell’attuale sede dell’Accademia di Brera, allo Scalo Farini, dopo 108 anni da quando lo aveva pensato Camillo Boito, è un’esperienza straordina­ria che ha visto la partecipaz­ione anche della pubblica amministra­zione. Non si può generalizz­are: generalizz­are è un errore perché finisce per criminaliz­zare questa o quella situazione.

Lei è anche presidente del Center for Food Law and Policy di Milano…

Sono titolare della cattedra Unesco, l’unica destinata a Milano che si occupa di diritto al cibo e di sostenibil­ità ambientale, temi che sono tra gli Obiettivi 2030 delle Nazioni Unite. Questo parte dal mio impegno, a partire dal 2014, prima per Expo e poi con l’attività svolta dal Milan Center for Food Law and Policy.

Insomma, cibo e cultura per tutti.

Basterebbe pensare all’umanità. Io dico sempre che in questo periodo storico esiste un deficit di umanità: molti pensano soprattutt­o al proprio bene e poco, o quasi nulla, al bene comune. Basta avere come obiettivo il bene comune perché tutti questi temi di cui abbiamo parlato, stiano insieme, come un grande occhio sul futuro dell’umanità.

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‘Avere esperienza di bellezza è un modo per essere liberi’

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