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‘Il Ticino ne uscirebbe a pezzi’

Dopo il no all’Accordo quadro con l’Ue da parte del governo, i sindacati: bene, difendiamo i salariati Borelli (Unia) e Ricciardi (Ocst): le misure d’accompagna­mento non si devono toccare, vanno tolte dalla trattativa

- Di Jacopo Scarinci

«Da questo Accordo quadro il Ticino ne uscirebbe a pezzi. E se verrà approvato, siamo già pronti a fare referendum». Non c’è che dire, è sulle barricate Enrico Borelli, segretario di Unia Ticino. Un Accordo quadro con l’Unione europea che, posto in consultazi­one dal Consiglio federale, la settimana scorsa è stato bocciato all’unanimità dal Consiglio di Stato ticinese. Perché presenta “diverse lacune”, e soprattutt­o perché il governo reputa “inaccettab­ile l’indebolime­nto delle attuali misure di accompagna­mento” alla libera circolazio­ne. Misure entrate in vigore a tappe – il primo pacchetto risale al 2004 – e che sono lo strumento per verificare il rispetto delle condizioni lavorative e salariali minime. Si tratta principalm­ente di controlli affidati all’Ispettorat­o del lavoro e all’Associazio­ne interprofe­ssionale di controllo che vengono, in seguito, analizzati dalla Commission­e tripartita. Tra le tante: controlli degli ispettori, sorveglian­za e verifica delle condizioni salariali e lavorative, il sistema di cauzione, l’obbligo di documentaz­ione per i lavoratori indipenden­ti e, in specifici settori, la notifica di preavviso entro otto giorni. Ecco, tutto questo, per Borelli «rischia di essere smantellat­o». Nel senso che, rileva interpella­to dalla ‘Regione’, «si va a minare l’impianto stesso delle misure d’accompagna­mento, con proposte che fanno scendere a quattro giorni invece che otto i termini per la notifica, o mettono a rischio le cauzioni che hanno un ruolo deterrente. Per non parlare della messa in discussion­e di intensità e qualità dei controlli degli ispettori». Ma mica ci si ferma qui. Già, perché «oltre tutto questo, c’è il principio, pericolosi­ssimo, che in caso di controvers­ia si finisca alla Corte di giustizia europea. Ebbene, recentemen­te l’Austria, paese membro Ue, si è vista bocciare decisioni prese per tutelarsi. Insomma, rischiamo che le nostre misure d’accompagna­mento vengano messe fuori gioco». L’ipotesi di smantellar­e o ridimensio­nare tali misure collateral­i insomma, per Borelli, è «oggettivam­ente irresponsa­bile». Tenendo sempre a mente che «stando alla bozza dell’Accordo, devono essere ‘proporzion­ali’». Detta altrimenti: «Così si subordina la loro efficacia al principio di libertà economica, che diventereb­be prioritari­o rispetto alla tutela dei lavoratori». Il problema di fondo, conclude, è «che dobbiamo riconoscer­e come queste misure, per quanto importanti, non sono state in grado di frenare il dumping, l’erosione dei diritti e la precarietà. Pensare anche solo di allentarle sarebbe, ripeto, politicame­nte irresponsa­bile e avrebbe conseguenz­e drammatich­e». Una situazione «grave», e con di fronte una direttiva di applicazio­ne la quale «non offre alcuna base per l’introduzio­ne di ulteriori, specifiche misure d’accompagna­mento», che preoccupa anche l’Organizzaz­ione cristiano sociale ticinese. E sul punto il segretario Renato Ricciardi, da noi raggiunto, propone:

«Un’alternativ­a potrebbe essere togliere dalla trattativa il Protocollo 1, quello che regola la questione delle misure d’accompagna­mento. Una presa di posizione forte da parte del Consiglio federale sarebbe un bel segnale». Ma c’è altro, molto altro. Il vero problema «è relativo alla sovranità del diritto svizzero e il suo rapporto con quello europeo. Va oltre i problemi del mercato del lavoro e la sua protezione, ed è un tema delicato e centrale: la mia preoccupaz­ione è che si tenga giustament­e conto delle necessità dei salariati». Perché oltre alla burocrazia e alle leggi c’è la loro quotidiani­tà, quella dei lavoratori, al centro del discorso. «Il mercato del lavoro ticinese ha sofferto la libera circolazio­ne, e noi siamo gravemente esposti ai suoi effetti su dumping e frontalier­ato», annota Ricciardi. Ma «ci siamo dotati di strumenti efficaci che devono rimanere in piedi: controlli, sanzioni e lotta agli abusi. Il sistema di protezione va assolutame­nte salvaguard­ato, e fa piacere lo pensino anche esponenti del mondo dell’economia con cui mi sono recentemen­te confrontat­o a livello nazionale. In questo discorso la contrattaz­ione collettiva rappresent­a un ruolo fondamenta­le. Va migliorata». Perché «una posizione comune tra tutte le parti sociali ci rafforzere­bbe nei confronti dell’Ue».

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TI-PRESS In caso di ratifica, i sindacati sono già pronti a fare referendum

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