Le ‘concessioni’ europee a May sono un ultimatum
Bruxelles/Londra – Riassumendo: o approvate la Brexit che avete bocciato già due volte, o tanti saluti. La proroga concessa dall’Unione europea a Londra per sventare il rischio di un 29 marzo da tregenda (a tale data era stabilità l’uscita del regno Unito dall’Ue) ha piuttosto le sembianze dell’ultimatum. Le conclusioni del vertice di Bruxelles hanno fissato i paletti e alla sventurata Theresa May politicamente sedotta e poi abbandonata da quel bel tipo di David Cameron – datosi alla fuga dopo aver perso un referendum quantomeno velleitario – toccherà ancora una volta presentarsi ai Comuni, sperando che la maschera di robustezza che si è data venga almeno per una volta creduta. Il Consiglio de ministri europei ha concesso a Londra il diritto di uscire il 22 maggio (e non più il 29 marzo) se nel frattempo Westminster avrà ratificato l’accordo raggiunto coi 27 a novembre, in alternativa sarà concessa una proroga limitata al 12 aprile prima di scegliere definitivamente fra il no deal e la richiesta di un rinvio a più lungo termine sorretta però da una nuova linea politica. “Il destino è nelle mani di Londra”, così il presidente del Consiglio europeo Donald Tusk. E sembra un destino gramo. Il governo May non è nemmeno in grado d’indicare una data esatta sul terzo voto parlamentare. Il veto dello speaker della Camera dei Comuni, John Bercow, dovrebbe poter cadere tenuto conto che lo slittamento introduce un elemento di novità nella mozione da presentare, ma per adesso l’esecutivo si limita vagamente a confermare l’intenzione di andare a una nuova conta “la prossima settimana”. Salvo ripensamenti. I numeri per ottenere il via libera continuano d’altronde a non esserci. Il messaggio dell’Ue, col rinvio a doppia chiave, è interpretato sull’isola come un incoraggiamento ai deputati a decidere se digerire l’intesa sul tavolo così come è o passare ad altro, magari liberandosi dell’inquilina di Downing Street. E i segnali tendono tutti verso la seconda ipotesi. Il duro attacco di May al Parlamento nel discorso di venerdì alla nazione (e al popolo) è stato considerato oltraggioso da molti eletti. Non solo. May pare aver esaurito l’arsenale: i dissidenti moderati (d’opposizione come di maggioranza) puntano a piani alternativi; alcuni falchi Tory brexiteer (e non solo) ne tornano a chiedere ormai la testa; e i vitali alleati unionisti nordirlandesi del Dup chiudono le porte al dialogo accusandola d’aver “capitolato” ancora di fronte all’Ue sul backstop, la contestata clausola di salvaguardia del confine aperto fra Dublino e Belfast. May is the cruellest month...