Il noir offuscato di Cronofobia
Da una parte Suter, un uomo in fuga da sé stesso e dai propri sensi di colpa; dall’altra Anna, una donna che si rifugia nel passato e nei ricordi: due anime che cercano la solitudine e che si ritrovano unite in un amore impossibile. Ma il vero protagonista di ‘Cronofobia’ – primo lungometraggio di fiction del ticinese Francesco Rizzi – è probabilmente il tempo: quel tempo che scorre inesorabile ma che i due personaggi vorrebbero congelare, per paura di dover affrontare il trauma che ha cambiato le loro vite. Ora, quale sia questo trauma e perché unisca le vite, all’apparenza così lontane, di Anna e Suter, non lo riveleremo: lo svelamento di questo mistero è appunto il centro del noir che Rizzi (anche sceneggiatore con Daniela Gambaro) costruisce intrecciando linee narrative, rivelazioni, citazioni, suggestioni filosofiche ed esistenziali. Materia complessa che, purtroppo, ogni tanto gli sfugge di mano perdendosi in sequenze che possono lasciare un po’ disorientati – così come disorientanti sono talvolta le eteree musiche di Zeno Gabaglio. Debolezze che ‘Cronofobia’ compensa con una fotografia bella e cupa di Simon Guy Fässler, una suggestiva scenografia asettica come le vite dei personaggi – il film è stato girato in parte in Ticino, ma siamo fortunatamente lontani dagli scenari da cartolina di certe produzioni nostrane – e, soprattutto, con le notevoli interpretazioni di Sabine Timoteo (Anna) e Vinicio Marchioni (Suter), bravi nel portare su schermo, spesso solo con uno sguardo, il dolore dei propri personaggi. Buona prova attoriale anche di Leonardo Nigro, che interpreta il commesso Christoph – peccato che il resto del cast non sempre sia all’altezza. In conclusione, un bel film che ben fa sperare in un regista alla sua prima prova con la fiction.