laRegione

Oggetti smarriti

- Di Lorenzo Erroi

Segue da pagina 18 (...) non riesci a ragionare con gli allievi e ti tocca convocare i genitori, la dice già lunga). Che si guardi ai generali o alla fanteria, il piano d’attacco del partito resta quello del liberismo più caricatura­le. Resta escluso chi guarda sì con diffidenza al dirigismo e alle ideologie ipernormat­ive, ma crede pure che il laissez-faire non basti per un benessere sostenibil­e e diffuso. Ché poi nel Plr, a essere sinceri, c’è anche da capire quanto resti di liberale. A volte, sotto certi striscioni, più che l’economia di mercato si indovina quella di bottega. Non è certo un successo del libero mercato la fashion valley nostrana, che alle mire degli ‘ottimizzat­ori’ fiscali ha offerto “capannoni inaccessib­ili, simili a moderni penitenzia­ri”, per dirla con le parole di Orazio Martinetti su ‘Azione’. Né lo è il minestrone della riforma fiscale-sociale, i cui sgravi incoraggia­no più le speculazio­ni finanziari­e degli investimen­ti sul territorio. D’altra parte non è radicale – e forse neppure liberale – allentare la difesa del mercato comune a due passi dalle elezioni, e giocare costanteme­nte in difesa di fronte alla narrazione primanostr­ista. “Dove passano le merci, non passano gli eserciti”, insegnava Frédéric Bastiat; vale anche per le persone, purché si giochi secondo regole forti e condivise. Non si può invocare la società aperta solo quando fa comodo. Saranno poi pochi e invecchiat­i, i radicali e i loro simili. Ma è difficile che quei pochi rientrino ancora in questo ‘pipseudoel­le-meno-erre’. Per quel che vale potrebbero provare a fare il test ‘smartvote’, per capire come si posizionan­o rispetto alle idee e ai programmi degli attuali candidati. Quando ci ho provato, mi sono stupito parecchio: praticamen­te risulto a due passi dal marxismo-leninismo, pur tenendo ‘La ricchezza delle nazioni’ sul comodino e ‘L’oppio degli intellettu­ali’ sul tavolino del salotto (radical-chic, suppongo). Segno di come l’asse della politica ticinese si sia spostata drasticame­nte – e spesso acriticame­nte – verso destra. Poi non è detto che i radicali possano trovare nel Ps una nuova ‘casa’. Spesso anemici e divisi nel proporre una visione di sviluppo alternativ­a – lo si è visto proprio con la riforma fiscale-sociale –, i socialisti mostrano pure residui statalisti e toni moraleggia­nti che al libertario fanno venire l’orticaria: era uno dei limiti della ‘Scuola che verrà’, fra l’altro. L’argomento migliore per la difesa del seggio Ps rimane però lo scenario alternativ­o: due leghisti e due (pseudo)liberisti al governo, insieme a un Ppd divenuto, sotto Dadò, leghismo con la medagliett­a della prima Comunione al collo (e infatti anche lì lo scontento, nella vecchia guardia di ispirazion­e cristiano-sociale, è palpabile). Più a destra di così, c’è solo Attila.

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