Trump canta vittoria, i democratici la sconfitta
Washington – Adesso il 2020 è più vicino. Troppo vicino per i democratici o almeno quella parte di Partito democratico che aveva confidato su un rapporto Mueller devastante per Donald Trump. Le conclusioni dell’inchiesta condotta dal procuratore speciale per il Russiagate, non sono del tutto un’assoluzione per il presidente (soprattutto nel capitolo riguardante il tentativo di ostruzione della giustizia) e confermano comunque l’interessamento, chiamiamolo così, russo all’esito delle presidenziali 2016; ma per la ben oliata macchina propagandistica di Trump è stato comunque un successo. E lui è stato pronto a cavalcarlo. L’euforia di Trump in queste ore è incontenibile, e le fonti più vicine hanno ammesso che lo staff fatica a contenerla. Ma è ben comprensibile che il presidente voglia archiviare al più presto il caso, se non altro per fare uscire ai notiziari le indagini collaterali, riguardanti i suoi affari con i russi. E l’establishment democratico teme che vi possa riuscire. La sua posizione si è rafforzata considerevolmente. Tutta la strategia dei vertici democratici viene rimessa in discussione, e la linea dura portata avanti fin qui, aprendo una serie di indagini anche in Congresso, rischia di rivelarsi controproducente. Per questo si parla già di un possibile piano alternativo. Perché la sensazione è che ormai per gli elettori il rapporto Mueller metta davvero la parola fine a tutta questa vicenda. Il partito è ad un bivio. E se la tentazione è quella di continuare l’offensiva con le inchieste parlamentari e confidando su quelle aperte dalla Procura e dallo Stato di New York, i principali candidati alla Casa Bianca devono rimettersi a fare politica. Devono cioè tornare ai temi veri della campagna elettorale, che hanno assicurato il buon risultato nelle elezioni di metà mandato. Intanto la Camera, dove i democratici sono in maggioranza, andrà comunque avanti nelle sue indagini, potendo ampliarne lo spettro rispetto all’inchiesta di Mueller.