Nuova Zelanda e silenzio ticinese
Mi ha colpito, ma non sorpreso, la domanda posta da Samir Radouan Jelassi, Imam dell’Associazione islamica e centro culturale in Ticino a Lugano apparso su queste colonne di sabato. “Nuova Zelanda: il Cantone dove è?”. Quanto avvenuto il 15 marzo scorso a Christchurch, maggiore città dell’isola del sud in Nuova Zelanda, ove un suprematista bianco ha assassinato a sangue freddo (...)
(...) quarantadue fedeli innocenti in due moschee, atto barbaro e disumano, è stato condannato in Svizzera lo stesso giorno dal Consiglio Federale, per tramite del proprio Presidente Ueli Maurer, che, esprimendo le proprie condoglianze ai parenti delle vittime, si è detto scioccato. La Svizzera è un paese piccolo con quasi il doppio degli abitanti della Nuova Zelanda. Si potrebbe anche pensare che, nei rapporti internazionali – di competenza della Confederazione – tale messaggio di compartecipazione al dolore, per tutti noi, fosse stato bastante. Va considerato che molti, come il sottoscritto, hanno sofferto, in silenzio. Il Servizio delle attività informative della Confederazione (Sic) (regolato dalla nuova Legge federale sulle attività informative della Confederazione, LAIn), in collaborazione con i cantoni, ha le competenze specifiche di acquisizione di informazioni volte a individuare tempestivamente e sventare minacce per la sicurezza interna o esterna rappresentate non solo dal terrorismo ma anche dall’estremismo violento. Per l’estremismo violento, vige una disposizione speciale (l’art. 5 cpv. 6 LAIn) che, quale eccezione al divieto di acquisizione di informazioni sull’attività politica, permette l’assunzione di informazioni se esistono indizi concreti che una organizzazione o persona eserciti (abusi) i propri diritti per preparare o eseguire attività terroristiche o di estremismo violento. Una definizione internazionale univoca di “terrorismo” non esiste ancora, non da ultimo anche a seguito della sua difficile distinzione dalle lotte di liberazione. Sebbene i reati di terrorismo rientrano nella competenza giurisdizionale del Ministero pubblico della Confederazione, le prime autorità che si devono occupare preventivamente su delega federale (segnalando indizi concreti) o intervenire tempestivamente (in caso di azioni terroristiche o di estremismo violento), sono le polizie cantonali sul campo con loro forze delegate: Polizie comunali, Guardie di confine o Polizia ferroviaria. Solo in un secondo tempo immediatamente successivo vi sarà la presa a carico da parte del Ministero pubblico della Confederazione e della Polizia federale o militare, a seconda del caso. Dato che le misure di prevenzione rientrano nella competenza della Confederazione in stretta collaborazione delle autorità cantonali incaricate dell’esecuzione delle attività informative, ciò significa che una grande responsabilità politica relativamente alla prevenzione e la repressione di atti quali terrorismo o estremismo violento è assunta dai cantoni con le relative forze delegate. I cantoni hanno dunque il primario dovere di garantire l’ordine pubblico sul loro territorio, nei confronti di chiunque, ed in particolare anche di comunità che possano sentirsi minacciate, qualsiasi esse siano. Effettivamente risulta quindi difficile comprendere perché né il Consiglio di Stato né il direttore del Dipartimento Istituzioni Norman Gobbi si siano espressi relativamente a quanto avvenuto in Nuova Zelanda. A maggiore ragione se si considera che il nostro Capo dipartimento istituzioni è anche membro di comitato della “Conferenza delle direttrici e dei direttori dei dipartimenti cantonali di giustizia e polizia”, parte anche della “Rete integrata per la sicu- rezza” quale piattaforma di coordinamento di temi concernenti la politica di sicurezza nella Confederazione. Se da un lato potrebbe essere comprensibile una “distrazione” del nostro esecutivo, trovandosi tutti nel pieno di una combattuta campagna elettorale per il rinnovo dei poteri politici, non vorrei che tale silenzio potesse essere interpretato quale implicita condivisione di taluni principi xenofobi, che – sono certo– non albergano nel nostro Governo. Oppure che tale silenzio possa essere interpretato forse quale desiderio del Capo Dipartimento Istituzioni di preferire evitare – proprio ora – l’insorgere di un contrasto istituzionale con le tesi politiche avversive pubblicate periodicamente da Lorenzo Quadri sul “Mattino della Domenica”, quale incerto organo dell’autoproclamato “movimento” Lega dei Ticinesi. Periodico, quest’ultimo, sovente recante opinioni incoerenti rispetto alla politica attuata dai due – attuali – rappresentanti in governo di tale partito. Nella Repubblica e Cantone del Ticino non esistono – né sono mai esistiti – “super-uomini” né “sub-umani”, a nessun livello. Lo Stato si fa garante del diritto alla vita e ad una esistenza dignitosa nei confronti di tutti, nel rispetto e dell’uguaglianza di fronte alla legge: minoranze comprese. Vorrei quindi rassicurare l’Imam di Lugano, come cittadino, che nel Cantone Ticino viviamo in uno Stato di diritto in cui gli organi del Cantone e della Confederazione fanno del loro meglio per garantire, a tutti, il rispetto dei diritti fondamentali. In questo contesto, condanno fermamente quanto avvenuto in Nuova Zelanda.