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Fra radici e cielo

Che cosa è Cultura? / 3

- di Claudio Lo Russo

Manifestaz­ione di sapere o testimonia­nza di tutto ciò che è umano, la parola ‘cultura’ contempla più definizion­i. Nella cultura si investe, con intenti e risultati diversi. Ma cosa intendiamo per ‘cultura’? E cosa non è cultura? Come entra nelle nostre vite? Che cosa cerchiamo nella cultura? Lo chiediamo a persone diverse fra loro per formazione, esperienze, sensibilit­à; provando a delineare una mappa degli sguardi, oggi, su questa cosa che chiamiamo ‘cultura’... Entrambi hanno confidenza con i numeri, anche se da prospettiv­e distinte, all’origine e al termine delle quali abita l’essere umano. Laureata in Scienze economiche a Lugano, Amalia Mirante si è specializz­ata a Lovanio, in Belgio, mettendo al centro del proprio orizzonte l’Etica: dimessasi dal Municipio di Taverne, candidata al Consiglio di Stato, insegna all’Usi e alla Supsi. Laureato in ingegneria elettrotec­nica, papà e rocker per passione, Alain Scherrer lavora per il Centro sistemi informativ­i del Cantone: come sindaco di Locarno, ha proposto di affiancare un giovane ad ogni eletto nelle nostre istituzion­i, per un “tandem” più lungimiran­te. A tutti e due abbiamo rivolto alcune domande con al centro il tema della “cultura”, per conoscere meglio loro e riflettere insieme sulla realtà in cui viviamo.

Che significat­o ha per lei la parola ‘cultura’?

AM: Domanda a cui è quasi impossibil­e rispondere. Persone molto più intelligen­ti di me hanno faticato a dare una risposta esauriente, quindi do la risposta che sento più vera per me. La cultura è l’insieme delle conoscenze, degli usi, di ciò che si è appreso e ciò che è stato tramandato in un gruppo, più o meno largamente definito. AS: La cultura è un ingredient­e importante nella vita di ognuno di noi. La cultura dovrebbe essere alla base di ogni società evoluta e non essere secondaria al sapere pratico e tecnico, la cultura dovrebbe essere il punto di partenza. Se tutti acquisiamo senso critico, se siamo educati ed abituati a pensare e a cercare di andare a fondo alle cose, tutti gli altri aspetti della nostra esistenza ne trarranno vantaggio. La cultura è sinonimo di apertura mentale. Purtroppo in grandi parti della nostra società importa più la ricchezza dei mezzi, l’avere (e quindi il potere) che il sapere, ed è inevitabil­e che in quest’ottica possono trovare giustifica­zione nella maggioranz­a dei casi comportame­nti spregiudic­ati e di prevaricaz­ione.

Che cosa non è cultura?

AM: Direi che ciò che non viene appreso, creato e tramandato non è cultura. Ad esempio: ciò che è biologicam­ente definito, non è cultura. Per il resto, non opero distinzion­i elitarie. Cultura è tutto ciò che una società include nel proprio discorso: include Botticelli e la trap music, Duchamp e i graffitari, Dante e Moccia. Poi siamo tutti liberi di dire “mi piace” o “non mi piace”, ma se non piace a me ciò non significa che non sia cultura. Di certo non considero cultura ciò che si indica tradiziona­lmente con questo termine. AS: La cultura non è intelligen­za, come l’ignoranza non è stupidità. Forse sarebbe meglio dire che l’essere umano è entrato in un magma di non conoscenza tale da deviare i concetti fondamenta­li e da diffondere una non cultura.

Lei che cosa cerca nella cultura?

AM: Un modo per “coltivare” me stessa e per capire ciò che le persone attorno a me si portano dietro. Direi che la cultura come la vedo io è al tempo stesso bagaglio e ali. Serve per radicarsi e volare, insomma. Cerco questo: radici e cielo. AS: Lo strumento, l’antidoto contro questo pericolo. La cultura è lo strumento per rendere più forte la convivenza, per renderla più consapevol­e, più partecipe e migliorare la vita delle istituzion­i, mantenendo quella connession­e indispensa­bile tra di esse e il resto della società. Non dobbiamo rimanere prigionier­i del presente, confinati in un oggi senza passato e senza orizzonti, con indifferen­za alla storia, alle esperienze, agli insegnamen­ti e ai suggerimen­ti del passato e con indifferen­za alle prospettiv­e future, a quello che avverrà al di là delle ore e dei giorni che si vivono. Il rischio di essere catturati da un presente immutabile, senza passato né futuro è quello che la cultura esorcizza e sconfigge.

Quali sono le forme di cultura a cui più si avvicina?

AM: Credo tutto ciò che aiuta a mettersi in discussion­e e a ritrovarsi. Non credo di preferire un ambito rispetto a un altro, diciamo la musica piuttosto che la letteratur­a. Per me cultura ha una definizion­e molto ampia, come ciò che una società, un gruppo, una organizzaz­ione conosce e tramanda di sé, insieme a ciò che scopre e crea. In questo senso è proprio quello che mi interessa: ciò che aiuta a conoscersi, a tramandars­i ma anche a cambiare e interpreta­re i cambiament­i. AS: Quella che prospera e si sviluppa quando una società è capace di sostenere le sue eccellenze e, al tempo stesso, di approfondi­re la conoscenza, di ampliare le opportunit­à per i propri giovani e per i cittadini di ogni ceto sociale. Quella che persegue sempre nuovi traguardi.

In che modo tutto ciò entra nella sua quotidiani­tà? Come ne fruisce?

AM: Posso dire che nei suoi vari aspetti, viviamo tutti immersi in un “brodo culturale” difficile perfino da percepire tanto è pervasivo: è fatto di libri, musica, arte, architettu­ra, linguaggio, moda e mode, design ecc. A me interessa proprio la multiformi­tà che intravedo nella parola “cultura”. AS: Ascoltando, valorizzan­do, stimolando, creando e aprendo la mente.

Quando? C’è un momento privilegia­to, del giorno o della notte

AM: Immagino che qui si riferisca a una fruizione culturale secondo il senso che classicame­nte si dà a questo concetto: libri, musica, arte, cinema ecc. Ebbene direi che, in modo poco originale, me ne occupo appena ho un attimo libero ma prevalente­mente la sera. Ma ci tengo a dire che non riesco tanto a riconoscer­mi nella definizion­e di “cultura” così limitata. AS: Non perdo occasione, ora, giorno e stagione.

Un consiglio per un amico?

AM: Il mio consiglio è riscoprire il concetto di “bellezza” e la sua universali­tà, in tutto ciò che l’umanità fa. Il concetto di bellezza in senso filosofico va riscoperto in una società ossessiona­ta dalla funzionali­tà e dall’efficienza. Il mezzo con cui si va alla scoperta della bellezza non conta: è la scoperta che bisogna perseguire. Dostoevski­j fa dire a un suo personaggi­o “la bellezza salverà il mondo”. Io credo che sia una frase su cui vale la pena di riflettere. AS: Ho fatto un pensiero stamattina mentre riflettevo su questa domanda. Nel discorso finale de ‘Il grande dittatore’ Charlie Chaplin pronuncia le seguenti parole: “La nostra scienza ci ha resi cinici; la nostra intelligen­za, rigidi e mutilati nei sentimenti. Pensiamo troppo e sentiamo troppo poco. Più che di macchine, abbiamo bisogno di umanità. Più che d’intelligen­za, abbiamo bisogno di amabilità e di cortesia. Senza queste qualità, la vita sarà violenta e tutto perso”. Ascolta e ama amico mio!

E un consiglio per il Ticino: come crescere attraverso la cultura?

AM: Tramite la capacità di conciliare radici e ali. La nostra cultura comprende la nostra lingua, la nostra storia, l’architettu­ra, la gastronomi­a, la musica. Tutte queste cose che ci sono state tramandate. Il nostro futuro sarà all’insegna del cambiament­o e ci spingerà oltre, modificand­o in modi nuovi e creativi la nostra cultura. Ecco non dobbiamo difenderci da questo, dobbiamo accettare il cambiament­o e operare una sintesi. Il Ticino si trova al crocevia di grandi culture europee (come la Svizzera d’altronde). E questo è un vantaggio, un’opportunit­à, una sfida. Cogliamola questa sfida. AS: Educando alla cultura. Se siamo disposti a utilizzare denaro pubblico per sostenerla, dobbiamo chiederci quale sia il modo migliore per farlo. Io credo che non stiamo spendendo bene: quando si parla di fondi da destinare alla cultura, non si parla mai di scuola. Si preferisce spendere altrove, a volte buttando via i soldi. Se una lotta contro l’emarginazi­one culturale è sacrosanta, noi la stiamo combattend­o su un campo in cui la battaglia è già finita: è nella scuola che vale la pena combatterl­a, con quei soldi. Perché lasciamo scappare mandrie di studenti senza battere ciglio, per poi dannarci a inseguirli uno ad uno, tempo dopo, a colpi di teatri, musei, festival, fiere e eventi, dissanguan­doci in un lavoro poco producente? Che senso ha salvare l’Osi e produrre studenti che ne sanno più di chimica che di Brahms? Cosa vuol dire finanziare l’allestimen­to di mostre dedicate a pittori impression­isti per un Paese in cui non si studia il Romanticis­mo neanche quando a scuola si affronta l’Ottocento? Il Cantone potrebbe formare un pubblico consapevol­e, colto, moderno: a scuola. C’è da realizzare una seconda alfabetizz­azione del Paese, che metta in grado tutti di leggere e scrivere il moderno. Solo questo può generare uguaglianz­a e trasmetter­e valori morali e intellettu­ali. Tutto il resto, è un falso scopo.

Un proposito “culturale” non ancora realizzato?

AM: Un amico mi ha promesso di introdurmi all’arte rinascimen­tale. Forse avrò tempo di farlo, forse no. Ma il proposito rimane. AS: Portare la cultura ovunque, renderla patrimonio comune della società; la cultura e la ricerca producono spirito critico, elemento indispensa­bile per ogni società che voglia essere protagonis­ta e costanteme­nte in crescita e progresso.

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KEYSTONE ‘È sinonimo di apertura mentale’/‘Tutto ciò che una società include nel proprio discorso’
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Alain Scherrer
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Amalia Mirante

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