‘Carcere a vita per la mente’
Per l’uomo che mise in pratica il piano di uccidere l’ex moglie la Pubblica accusa chiede invece 14 anni Durante la seconda giornata di processo il padre ha chiesto scusa ai loro figli. La sentenza verrà pronunciata settimana prossima.
«Chiedo umilmente perdono ai miei figli e al loro nonno per la scemata che ho fatto». Le ultime parole pronunciate in attesa della sentenza dall’imputato 50enne a processo da inizio settimana per assassinio sono state di scuse. E le scuse sono arrivate ieri anche da parte della procuratrice pubblica (pp) Chiara Borelli, rivolte «alla vittima e ai suoi due figli, per non aver compreso subito che la loro mamma non li avrebbe mai abbandonati». La titolare dell’inchiesta aveva infatti chiuso il caso ritenendolo un suicidio, e se non fosse stato per la confessione dell’uomo due anni dopo il crimine – prima da un prete e poi alla polizia – la verità non sarebbe venuta a galla. Ieri dinanzi alla Corte delle Assise criminali la pp ha invece chiesto 14 anni di reclusione per l’ex marito della vittima, che ha perpetrato l’assassinio nel luglio del 2016, e il carcere a vita per la sua nuova moglie, una 40enne russa ritenuta l’istigatrice del delitto. Per lei in aggiunta ha proposto 15 anni di espulsione dalla Svizzera. Oltre alle sue continue versioni discordanti sui punti chiave dell’inchiesta ad aver aggravato la posizione della donna vi è secondo la Pubblica accusa il castello di menzogne costruito dalla donna per far credere di essere lei la vittima, dicendo che il marito fosse pazzo, violento, che la perseguitasse e che lei fosse una vittima del sistema perché straniera. Oltre all’accusa di assassinio, la donna deve anche rispondere del reato di denuncia mendace nei confronti del marito. «Una donna avida e calcolatrice – l’ha definita la pp – che si serve di quel matrimonio al solo scopo di ottenere il permesso di soggiorno». Per riuscire nel suo intento, continua Borelli, deve però tagliare i rami secchi nella vita del marito che ostacolano i suoi desideri di trattamenti estetici e benessere sociale, dapprima allontanandolo dai figli e poi escogitando un piano per evitare di pagare i 3’400 franchi mensili di alimenti che doveva versare all’ex consorte e che dal mese prima dell’uccisione gli venivano trattenuti direttamente dallo stipendio. L’uomo era anche stato declassato sul lavoro, dove soffriva a causa delle «martellanti» richieste che riceveva continuamente via sms dalla moglie russa. Decine quelli letti in aula dalla procuratrice, tutti volti a sapere se lui si stesse muovendo per ottenere il divorzio dalla prima moglie e poi per farle ottenere il permesso di rimanere in Svizzera. Se infatti ben presto la donna comprende che il 50enne non è benestante, si rende anche conto che si tratta di un debole e che può fargli fare quello che desidera lei, stando a quanto sostiene Borelli. L’avidità di denaro della donna, ha aggiunto, non si placa nemmeno dopo la morte della ex, e poco dopo la coppia si trova di nuovo in una morsa di debiti. «Lei non vuole lavorare», mentre continua a chiedere al marito di trovarsi un altro impiego in aggiunta a quello di impiegato federale con la formazione di pompiere.
‘Un atto subdolo e perverso’
Pur essendo l’esecutore materiale del crimine, l’accusa propone per l’uomo una pena inferiore a quella dell’artefice. La procuratrice ha infatti dovuto considerare l’attenuante di una lieve scemata imputabilità legata ai problemi depressivi e della personalità di cui il 50enne ticinese soffre, nonché il sincero pentimento dimostrato al momento della confessione. «L’ha fatto per appagare il suo egoismo di stare con una persona parimenti egoista. E ha agito per un movente e con una modalità perversi dimenticandosi dei suoi figli e uccidendo per soldi la loro madre: per questo la pp considera la sua colpa gravissima, in particolare perché l’uomo era consapevole che sarebbe stato il loro figlio minorenne a rinvenire il cadavere. «Ha premeditato e studiato nel dettaglio come agire, intervenendo in modo subdolo, offrendole del vino e intavolando una discussione amichevole», tradendo peraltro la fiducia della donna che non si sarebbe mai aspettava di essere presa al collo, ha aggiunto la pp. L’avvocata Deborah Gobbi, rappresentante dell’accusatore privato, ha chiesto che l’imputato versi per torto morale 35mila franchi a ciascun figlio, 25mila per il padre della vittima e che copra le spese legate alla morte. Costituendosi – ha spiegato la legale – l’uomo ha confermato ciò che suo figlio ha sempre sospettato, l’uccisione della madre, «una persona dall’animo buono, che dal marito pretendeva il minimo per poter far fronte alle spese della vita. Una persona che ha sempre pensato agli altri prima che a se stessa e alla quale il marito aveva comunicato di voler divorziare con un sms».